Devo ammettere che la vicenda politica
che riguarda Quartu rappresenta per me una grossa delusione. Perché
sì, in fondo ci avevo sperato che si potesse costruire qualcosa di
buono. Mi avevano convinto i così tanti giovani che hanno sostenuto
con passione e dedizione il sindaco Delunas, alle primarie come alle
elezioni. Perché mi hanno fatto intravedere una speranza di
rinnovamento. Speravo si avviasse una fase di buona amministrazione
per la nostra città, in un momento storico in cui gli enti locali
sono sempre più ridimensionati, ridotti a esattori di tasse per
conto dello Stato, depotenziati della loro azione intermediazione e
di limite al potere centrale, del loro ruolo. Stessa sorte che
subiscono purtroppo tutte le rappresentanze politiche e sociali. In
un contesto del genere ho voluto sperare in un lavoro che invertisse
la tendenza e ciò a cui ho assistito negli ultimi mesi rappresenta
anche per me, che non sono stato un “delunasiano” della prima
ora, una forte delusione.
Credo che il sindaco abbia sbagliato da
subito i tempi e i luoghi di una battaglia politica pur legittima,
come tutte le battaglie politiche. E proprio questi errori l'hanno
ridotta a uno scontro personale consumato nelle sedi istituzionali, e
quindi sulla pelle dei cittadini, a suon di comunicati e di colpi di
teatro. Un lusso che la città non può permettersi, uno spettacolo
che non si merita.
I sostenitori del sindaco rivendicano
la legittimità e la bontà del suo agire nel tentativo di liberarsi
dal giogo di poche persone che vogliono esercitare su di lui un
potere assoluto. Ma l'agire del sindaco non è stato volto ad aprire
la discussione e la partecipazione, ma anzi a restringerla
ulteriormente e ricondurre le principali decisioni alla sua persona e
al suo fumoso entourage. Insomma a fare suoi quei metodi che
contesta. Ha provato a realizzare quella che Gramsci avrebbe definito
una rivoluzione passiva, una rivoluzione guidata dall'alto invece che
dal basso. Mi chiedo infatti perché Delunas, di fronte alle prime
difficoltà, non abbia provato ad aprire e allargare la discussione
all'interno del suo stesso partito. A questa domanda conosco già la
risposta: lo ha fatto scientemente, consapevole che gli organismi
dirigenti del PD a Quartu sono blindati e cooptati. Perché frutto di
meccanismi che ben conosce e che gli hanno permesso di essere prima
consigliere comunale, poi assessore alle politiche sociali, a seguire
capogruppo in consiglio provinciale e oggi sindaco. Non si è mai
fatto sostenitore di una battaglia per cambiare il suo partito, ha
sempre sostenuto posizioni di comodo e oggi ne paga lo scotto. Se la
sua volontà di cambiare il PD fosse sincera, avrebbe dovuto agire
molto prima, pagandone il prezzo; o meglio ancora avrebbe potuto dare
un'opportunità al giovane segretario e a tutti giovani che lo hanno
sostenuto, costruendo un futuro migliore per la città e il suo
partito. Con l'equilibrio e la pazienza di un uomo al servizio delle
istituzioni. Abbiamo bisogno di statisti, non di Don Chisciotte. Ho
sentito invece il sindaco dire di tutto contro un partito da cui ha avuto
tutto. Per questo oggi le sue battaglie sono per me incondivisibili,
ma soprattutto non sono credibili. E bene fa il PD ad aver deciso di
porre fine a questa tragicomica esperienza. Certo ne pagherà le
conseguenze perché è sua la responsabilità di aver fatto questa
scelta e di averla consegnata alla città, ma sarebbe ancora più
irresponsabile e ancora più alto il prezzo da pagare allungare una
consiliatura che, viste le premesse, non potrà produrre nulla di
buono.

La parola fine non è ancora scritta, aspettiamo l'8
settembre, perché questo partito riserva sempre delle sorprese. Ad
esempio può succedere che consiglieri eletti con il PD arrivino a
votare contro quanto deciso dagli organismi dirigenti del loro
partito. Da parte mia posso dire che se ciò dovesse avvenire, se la
mozione di sfiducia non dovesse passare per il voto contrario,
astensione o assenza strategica di anche solo uno dei consiglieri PD,
porrò definitivamente fine alla mia esperienza con questo partito.