lunedì 11 marzo 2013

Del M5S e del PD, dell'Italia e dell'Europa


Eccomi tornato a scrivere sul mio blog. Sarà il particolare momento politico, sarà la moda della democrazia 2.0, ma oggi dopo tanti anni sento la necessità di offrire il mio punto di vista da queste pagine.
Queste elezioni hanno segnato l'emergere di un nuovo partito, il Movimento 5 Stelle, e una sonora sconfitta per il Partito Democratico. È su queste due principali notizie che verte la mia riflessione.

Il M5S è stato il vero trionfatore, più o meno inatteso, di queste elezioni. Si sprecano i paragoni del movimento con il fascismo, data l'apertura di Grillo a Casa Pound e la sua retorica anti-partiti, anti-sindacati e anti-giornalisti. Il revisionismo storico della capogruppo Lombardi ha rafforzato questa tesi, ma io ho un'altra opinione. Vedo maggiori analogie con la Rivoluzione francese che con quella fascista, ma non per questo si può stare più tranquilli. Anche lo Stato francese di fine '700 aveva enormi e prolungati problemi finanziari e cercò di risolverli con una tassazione esosa e incompresa dai cittadini. Oggi ci troviamo in una condizione simile e la trovata IMU ha consentito a Berlusconi una resurrezione insperata.
Ma il M5S ha dato maggiori risposte a quei cittadini che non si limitano a lamentarsi delle troppe tasse. Avvertono infatti, come i rivoluzionari parigini, la presenza di una classe sociale privilegiata, improduttiva e colpevole. È una classe sociale molto vasta, che comprende politici, banchieri, burocrati e grossi imprenditori. Sono loro ad essere considerati i responsabili del dissesto finanziario dello Stato e della società. Lo scollamento tra Stato e cittadini è tale che il semplice operaio o imprenditore non si sente responsabile del passivo pubblico e lo considera conseguenza delle malefatte della “casta”. Non vuole essere lui a pagare quella che considera una colpa della classe dirigente. La rabbia ha trovato sfogo nel M5S e nei suoi toni giacobini. “Tutti a casa”, “non faremo prigionieri”, “tutti ladri, tutti uguali”, “se ne devono andare” fino al “dovranno restituire tutto il maltolto” portano alla mente il rumore di ferraglia delle lame che scorrevano nei binari delle ghigliottine. C'è un'aria da Comitati della Salute pubblica.
I neo parlamentari che pretendono di essere chiamati semplicemente cittadini, sono l'espressione di un popolo che vuole riprendere il controllo di uno Stato percepito come strumento di oppressione, considerato chiuso e sordo alle loro esigenze, colluso con le multinazionali e le finanze internazionali. C'è in tutto questo movimento l'esigenza di rendersi nuovamente protagonisti, di riprendersi ciò che appartiene ai cittadini. Non c'è niente di più democratico di un popolo che chiede di gestire la cosa pubblica. Ma quello che può essere considerato un lato positivo, rischia di degenerare sull'esempio della Rivoluzione. Solo risposte costruttive possono evitarlo. Né il PD, né il Pdl, sono riusciti a offrirle, ma non è in grado  di farlo neppure il M5S, dove è forte e predominante la componente distruttiva.


Il PD può raccogliere queste istanze. Per farlo deve rinnovarsi profondamente. Nelle persone, nei metodi e nei temi.

Nelle persone
I delusi dal centrodestra hanno prima espresso apprezzamento per Renzi e poi non hanno votato o hanno votato Grillo. Bersani per loro è pur sempre un ex-comunista e non riescono a turarsi il naso fino a questo punto. I delusi dal centrosinistra, pure loro, non hanno votato o hanno votato Grillo per dare un segnale al PD. Per loro Bersani è espressione di un gruppo dirigente che ha fatto il suo tempo.
Il PD ha quindi bisogno di rinnovarsi prima di tutto nelle persone, ma non con cooptazioni e regie occulte. Deve essere un atto di chiara rottura con il passato; i giovani del partito devono farsi coraggio e mettersi in gioco senza l'aiuto dell'attuale dirigenza. Devono avere coraggio, perché ogni legame con il passato rischia di far apparire anche nuove figure come parte del passato. Di bruciarle insomma.



Nei metodi
Il PD continua a conservare parte dei metodi organizzativi e di comunicazione di un partito del Novecento. Nell'epoca dei 140 caratteri di twitter, di facebook e dei blog, la comunicazione richiede maggiore velocità e sintesi. Anche il confronto interno deve spostarsi su nuove piattaforme. Ogni parlamentare deve avere un profilo twitter e facebook attraverso cui comunicare con i cittadini. La consultazione della base su temi diversi può svilupparsi nei social network. Vero  è che questi strumenti sottraggono spazio alla riflessione e al confronto, ma il tentativo di perpetuare vecchie liturgie appare nostalgico. Ottimo passo in questo senso è stata la diretta streaming della Direzione Nazionale, con la riduzione dei tempi di intervento. Ma non è abbastanza e non può rimanere un caso isolato. Chi non si adegua ai tempi non è né buono né cattivo, semplicemente si estingue.
Le primarie invece sono un valido strumento di consultazione dei cittadini, ma devono ancora consolidarsi. La chiusura al secondo turno per la scelta del premier, il sistema dei capilista di Bersani e il recupero di alcuni candidati alle parlamentarie, hanno lasciato un senso di impotenza e di esclusione non solo a potenziali elettori ma anche ai militanti. Gli uni non hanno votato PD, gli altri si sono scoraggiati. Anche il versamento di 2 euro è poco accettabile da un partito che riceve milioni di euro come contributi pubblici. Si faccia di più per renderle più aperte e trasparenti.

Nei temi
Ho già scritto di quanto sia difficile far comprendere la necessità di controllare il debito pubblico. Questa attenzione alle questioni finanziarie fa apparire il PD come insensibile ai problemi della gente comune e colluso con i poteri economici. Non dico che il problema sia da trascurare perché non sarebbe responsabile, ma porvi tutta questa enfasi pone un muro di incomprensione tra eletti ed elettori. Bisogna parlare di problemi reali e quotidiani, di politiche per la famiglia, per la casa, di lavoro e di previdenza sociale, in modo semplice e schietto con proposte che arrivino anche all'ultimo dei cittadini. In sostanza il PD deve parlare ai più disagiati e non solo a chi è capace di intendere le questioni più complesse. Anche in Europa è necessario promuovere delle riforme. Il patto di stabilità e la politica di rigore sono percepite come affamanti e inique, come un servizio alle banche e non ai cittadini. Non bisogna parlare di Europa solo per giustificare la propria inazione, ma rappresentare i cittadini nelle istituzioni comunitarie che oggi molto decidono del nostro futuro. Insomma un po' di radicalità in più non guasterebbe.