giovedì 6 febbraio 2014

Pigliaru il gramsciano. L'istruzione in Sardegna


Francesco Pigliaru parla molto di sviluppo in giro per la Sardegna. E spesso e volentieri fa riferimento all'istruzione. Istruzione come industria, come motore di crescita e di sviluppo. E' un concetto molto gramsciano. 


Quando l'intramontabile Nino, che tanto lustro dà alla Sardegna nel mondo, diceva "istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza" intendeva dire che "non c'è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l'homo faber dall'homo sapiens. Ogni uomo infine, all'infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un filosofo, un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale". 

Essere istruiti non significa fare un mestiere anziché un altro. Ricordo un mio vecchio professore spiegare a noi matricole che l'Università non insegna una materia anziché un'altra, ma insegna invece a studiare. Conosco diverse persone prive di un titoli di studio ma con grande capacità di pensare. A volte mi chiedo cosa potrebbero essere state per sé stesse e per tutta la collettività se avessero avuto l'opportunità di studiare. Penso all'enorme spreco di risorse umane in una Regione dove, in termini di percentuale di laureati sulla popolazione regionale si colloca al 252° posto su 261 regioni europee, comprese le 54 regioni dei Paesi nuovi entranti (Eurostat, 2002). Perché la cultura e l'istruzione sono sviluppo di ingegno e di capacità di adattamento, sono indipendenza di pensiero del singolo, sono "organizzazione, disciplina del proprio io interiore; presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri". 

Anche per questo voto Francesco Pigliaru Presidente, l'ideatore del MasterBack



http://circolocopernico.wordpress.com/2014/02/06/stefano-floris-pigliaru-il-gramsciano-listruzione-in-sardegna/

martedì 4 febbraio 2014

Decreto IMU-Bankitalia. Per chi volesse andare oltre gli slogan

La Camera dei Deputati ha tramutato in Legge nei giorni scorsi il cosiddetto Decreto IMU-Bankitalia. Il decreto prevede la ricapitalizzazione del patrimonio Bankitalia che passa da 156mila euro a 7,5 miliardi. I fondi in questione sono trasferiti dalle riserve statutarie di Bankitalia al patrimonio della banca stessa. Patrimonio che non è a disposizione dei partecipanti, in quanto Bankitalia continua ad essere un istituto di diritto pubblico regolato dal suo statuto. Il provvedimento quindi è un mero esercizio contabile che destina fondi pubblici da un capitolo ad un altro. 

L'effetto è duplice:

1) L'incremento patrimoniale del capitale nominale determina un incremento del patrimonio dei partecipanti, costretti quindi a pagare tasse per un 20% di reddito di capitale. Lo Stato incasserà in questo modo circa un miliardo di euro per finanziare il taglio dell'IMU. Ecco come si spiega l'accorpamento delle due questioni.

2)Bankitalia distribuisce ogni anno una parte dei suoi dividendi, ricavati dagli utili, ai partecipanti. Gli utili derivano dalla cosiddetta attività di signoraggio, cioè dai ricavi che Bankitalia ha nel stampare e prestare cartamoneta. Lo statuto prevede all' art.40 che questi utili siano destinati:

a) alla riserva ordinaria, fino alla misura massima del 20 per cento; 
b) ai partecipanti, fino alla misura massima del 6 per cento del capitale; 
c) alla riserva straordinaria e ad eventuali fondi speciali fino alla misura massima del 20 per cento; 
d) allo Stato, per l’ammontare residuo. 

La quota destinata ai partecipanti può essere incrementata per statuto di un ulteriore 4 per cento (6+4=10 per cento). Ciò significa che sino ad oggi i partecipanti hanno usufruito di utili per massimo 15.600 euro, mentre grazie al nuovo decreto potranno usufruire sino a 750 milioni di euro di utili. La destinazione non è automatica, ma avviene per precisa scelta del Consiglio superiore, su controllo del Collegio sindacale. Lo Statuto pone semplicemente dei limiti e il decreto consentirà di fatto al Consiglio superiore di incrementare la quota dei fondi destinati ai partecipanti. 

Il decreto vieta inoltre ai partecipanti di possedere più del 3 per cento delle azioni di Bankitalia e molti di loro dovranno vendere le loro quote esclusivamente ad istituti di credito e assicurazioni che hanno sede amministrativa in Italia. 

Quindi i partecipanti finora hanno sempre ricevuto 15.600 euro di dividendi. Ora ne riceveranno 750 milioni? In realtà no. Non solo perché la cosa non è automatica, ma anche perché i partecipanti sino ad oggi hanno ricevuto più di quella cifra. Le relazioni annuali di Bankitalia rivelano come ad ogni esercizio venga loro conferito uno 0,5 per cento del totale delle riserve, sempre secondo l'art.40 dello Statuto. Dai 58 ai 70 milioni di euro all'anno negli ultimi 5 anni. 

In sostanza il provvedimento non determina il trasferimento di fondi, ma allarga le maglie di intervento del Consiglio superiore a favore dei partecipanti, a fronte di un entrata una tantum per lo Stato di un miliardo scarso. Considerando che i membri del Consiglio sono nominati dall'assemblea dei partecipanti (art.15 Statuto), è facile capire quali scelte faranno. Saranno incrementati i fondi destinati ai partecipanti a discapito di quelli destinati allo Stato e l'introito iniziale verrà ricompensato nel giro di un paio d'anni.