domenica 30 novembre 2014

In risposta al segretario Renzi: “Questo governo non fa cose di sinistra"

Mi spiace, caro segretario, ma questo governo non fa cose di sinistra. Non lo fa perché cerca di reagire agli effetti della crisi con le stesse cause che l’hanno determinata.



La crisi finanziaria del 2007 mi fece credere che in molti avrebbero finalmente riconosciuto il fallimento del liberismo reaganiano, ideologia dominante dagli anni ’80 in poi. Talmente dominante che ormai anche il centrosinistra italiano ne era divenuto succube. In quei giorni, persino il viceministro dell’Economia in quota AN, Mario Baldassari, arrivò a dichiarare in diretta TV che la soluzione alla crisi si poteva trovare con una rispolverata della teorie economiche keynesiane: sostegno al reddito e investimenti pubblici. La crisi era ancora ai suoi albori ed era opinione diffusa che in breve tempo si sarebbe trasformata in una crisi economica e sociale. Così Stati Uniti, Germania e Regno Unito facevano grossi investimenti per contenere i danni, mentre in Italia si reagiva diffondendo ottimismo perché tanto “i ristoranti sono pieni”. In quelle condizioni era d’obbligo per il centrosinistra italiano un cambio di passo: porre fine ad una sudditanza ideologica e riprendere l’idea che solo con il sostegno alle categorie economicamente più deboli si poteva uscire dalla crisi.

L’Italia Bene Comune ha posto tra i punti forti del suo programma il taglio delle tasse ai redditi da lavoro dipendente, proseguendo peraltro una politica già avviata dal secondo governo Prodi. Bersani non ha comunicato efficacemente la validità di questa proposta, perdendosi nell’inseguimento di Mario Monti. Matteo Renzi invece c’è riuscito alla grande con i famosi 80 euro, un provvedimento che ha fatto sperare in un cambio verso. E ne ha ottenuto anche un ritorno in termini elettorali alle recenti europee. Su quella linea si dovrebbe proseguire fornendo sostegno anche a un’altra categoria produttiva, economicamente debole, cioè le partita IVA.

Nel suo discorso di dimissioni, Walter Tocci, ha ben spiegato come sia in corso una “mutazione genetica” della categoria del lavoratore. Il lavoratore autonomo è spesso un’evoluzione del lavoratore dipendente e merita delle politiche sociali ad hoc. Ma nei mesi successivi DL competitività, lo Sblocca-Italia e il Jobsact hanno segnato un nuova linea che prevede sostegno alle grandi attività imprenditoriali, anche a discapito della più grande risorsa a nostra disposizione, cioè l’ambiente. Si torna quindi all’idea reaganiana che solo sostenendo l’offerta del mercato si possa determinare crescita e benessere.

Forse la presidenza di turno dell’UE non ha sortito gli effetti sperati e il cambio verso a Bruxelles non è riusciuto. Quando Renzi sostiene che qualcuno dovrebbe spiegare perché “con tutto l’articolo 18 abbiamo una disoccupazione a doppia cifra che cresce in questo paese”, io gli chiedo di spiegare, a lui ma soprattutto ai suoi alleati di governo, perché la riforma Treu e la riforma Maroni non hanno portato nuova occupazione come nei loro propositi, ma anzi hanno peggiorato le cose. Forse lì troverebbero ispirazione per una nuova agenda di governo.

mercoledì 17 settembre 2014

La (im)mobiltà (in)sostenibile della Giunta Contini

Anche il Comune di Quartu Sant'Elena partecipa alla Settimana Europea della Mobilità Sostenibile, attraverso una campagna di comunicazione che comprende iniziative ed eventi pubblici per sensibilizzare i cittadini all'uso di mezzi ecologicamente sostenibili.

Lodevole iniziativa, per carità. Rimane fondamentale coinvolgere i cittadini e fargli sentire propria una battaglia per il risparmio energetico e la tutela ambientale. Ma mentre il Comune di Settimo si prepara a inaugurare il prossimo 30 settembre la linea di Metropolitana che offrirà ai suoi cittadini un veloce collegamento con Monserrato, e quindi anche Cagliari e a breve anche il Policlinico; mentre Cagliari investe in maniera decisa sulle piste ciclabili; c'è da chiedersi cosa ha fatto in questi anni l'Amministrazione di Quartu Sant'Elena su trasporti pubblici, ciclabilità e pedonalizzazione.

TRASPORTI PUBBLICI

Sulla Metropolitana non si è fatto alcun passo avanti. Il progetto regionale prevede una Linea Verde di 13 Km che colleghi Pitz'e Serra con la stazione di San Gottardo di Monserrato e una Linea Azzurra  di 8 Km che colleghi sempre Pitz'e Serra con il Poetto. Sono previste ulteriori linee che colleghino la città con Selargius e Quartucciu. In questi anni di Amministrazione congiunta del centro-destra alla Regione e al Comune non abbiamo visto nulla in questa direzione. Abbiamo assistito a semplici dichiarazioni di intenti, a scambi di accuse per nascondere una immobilità evidente. Non si è mai avuta l'impressione che questa Amministrazione e la Regione avessero davvero a cuore la realizzazione delle linee metro.
Sul fronte autobus è stata istituita una nuova linea estiva gratuita che porta i 'quartesi e non' in spiaggia. Una linea di cui si può usufruire dopo registrazione presso il Comune e che serve sostanzialmente a giustificare un piano della sosta esoso nei confronti dei bagnanti


CICLABILITA'

Uno dei primi atti di questa Giunta è stato eliminare la pista ciclabile in via San Benedetto e poi promettere investimenti. A oggi esiste una postazione di bike-sharing all'ingresso del Parco di Molentargius ancora inattiva. Nessun chilometro ciclabile è stato realizzato in questi anni. Eppure i fondi esistono. Due finanziamenti europei, per un totale di un milione di euro, sono da tempo in cantiere per realizzare nuove piste. Fino a poco tempo fa sono stati tenuti fermi, forse perché, a pensar male, si pensava di utilizzarli per altro (vedi vicenda stadio). Riusciremo a vedere qualcosa in questo anno di campagna elettorale? Benvenga, ma non servirà a coprire le mancanze di questa Giunta.


PEDONALIZZAZIONE

Su questo non mi sento di attribuire responsabilità a questa Giunta, ma a partiti, associazioni e commercianti che non hanno saputo creare un clima favorevole all'estensione di aree pedonabili nel centro abitato. Se penso a una via del commercio, penso a Via dei Condotti a Roma o Via della Spiga a Milano, o - per rimane in casa nostra - a Via Garibaldi a Cagliari o all'estiva Via del Mare a Villasimius. Qui invece pensiamo che una chiusura possa danneggiare le attività commerciali, mentre nelle realtà suddette ne traggono notevoli benefici. Forse è il caso di fare tutti insieme una riflessione a proposito e realizzare a Quartu una vera via del commercio  che sia in grado di competere con i centri commerciali. Una strada ovviamente chiusa al traffico.

mercoledì 10 settembre 2014

Quali temi e quale segretario per il PD Sardegna

Si appresta a conclusione il lungo e largo percorso de La Traversata della Sardegna. A due mesi dalla primarie che eleggeranno la/il nuova/o segretaria/o e il nuovo gruppo dirigente del Partito Democratico Sardo è l’unico processo aperto e partecipato di cui si abbia conoscenza. Sarà proprio per questo motivo che ha contenuti fortemente innovativi, e fino a ora gli unici  di questo imminente Congresso. A dimostrazione che La Traversata ha cercato prima di tutto di produrli – i contenuti – e di renderli noti, mettendo in secondo piano l’incarnazione di donne e uomini che li dovranno portare a compimento.
La Traversata si è concentrata sull’organizzazione del partito, producendo argomenti forti che mettono in discussione anche il rapporto con il partito nazionale. Si richiede un rinnovamento dell’ordinamento interno con l’abolizione della direzione regionale e la conservazione dell’assemblea, eletta dai cittadini con le primarie e unico organo decisionale del partito. Si risolverebbe così una questione controversa e ipocrita che ha visto sino a oggi l’elezione diretta di un’assemblea che di fatto non ha nessun ruolo, in quanto nella pratica gli viene sistematicamente scippato da una direzione nominata dai  leader di riferimento.
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A fianco di essa si richiede l’istituzione di una assemblea regionale dei segretari di circolo, che abbia un forte ruolo organizzativo e di coordinamento. Suo compito sarà di facilitare il coordinamento durante le campagne elettorali e di territorializzare i dibattiti di larga scala: regionale, nazionale ed europeo. Quando il partito avrà bisogno di avere un resoconto sullo stato d’animo dei territori, non si affiderà ai sondaggi, ma proporrà un dibattito capillare attraverso i suoi circoli.
Altra questione importante è il rapporto dei giovani e della giovanile con il partito. L’avvicinamento dei giovani è assolutamente necessario e la giovanile può costituire il primo passo, ma non deve diventare una parcheggio o una riserva indiana, né uno strumento per la creazione di poltrone e/o carriere. I giovani devono dedicare la loro attività e il loro impegno a ciò che avviene nel partito e occuparsi da subito – dopo un veloce apprendistato – delle questioni dei “grandi”. Per questo motivo si intende escludere le quote di riserva della giovanile dagli organismi del partito. Un giovane che voglia assumere ruoli dirigenti lo dovrà fare con una candidatura diretta. Sarà possibile iscriversi al partito a costi ridotti per soli 5 anni e comunque fino a massimo 25 anni. Gramsci, Lussu e Gobetti non ebbero bisogno di nessuna giovanile per emergere nello scenario politico e diventare protagonisti della storia del nostro Paese. Il coraggio e la sfrontatezza dei giovani – oggi come allora – devono diventare un fattore modernizzante della nostra società e non essere relegato in un baby-parking.
Tanti altri sono gli argomenti innovativi de La Traversata e per questo motivo non possono essere rappresentati da chi ha guidato il partito sino a oggi.

I risultati delle ultime regionali parlano chiaro. Il PD è riuscito a perdere consenso elettorale rispetto al 2009, nonostante stavolta si sia vinta la contesa e allora invece no. Si potrebbe giustificare questa flessione con l’astensione elettorale, ma il passo indietro non si è registrato solo nel numero assoluto di voti, ma anche in numero percentuale. Il PD è passato dai 204mila voti del 2009 ai 150mila del 2014, e – nonostante una percentuale complessiva di votanti scesa dal 67 al 52 per cento – la sua percentuale è scesa del 24,73% al 22,06%. Questi sono i dati che mostrano le difficoltà del PD di farsi interprete delle istanze dei sardi. Il contributo determinante dei partiti sovranisti, il risultato lusinghiero di Sardegna Possibile, mostrano l’esigenza di un Partito Democratico Sardo che sia realmente autonomo e capace di affiancare questa Giunta e questa maggioranza nelle contese con il governo nazionale dei prossimi anni.
Queste istanze richiedono una guida a tempo pieno ed una netta separazione tra ruoli politici e ruoli di governo. Il Presidente Pigliaru e la nostra esperienza di governo hanno bisogno di un Partito Democratico capace di supportarne l’operato, di incalzarla e di fare elaborazione, capace – in un ottica di governo di lungo periodo – di disegnare la Sardegna del futuro.
Una guida capace di tenere insieme la variegata maggioranza che sostiene un Presidente che il PD ha voluto e che gli ha garantito un’insperata resurrezione. Una candidatura che abbia anche il proposito di modificare gli assetti e l’organizzazione del partito in modo da farsi interprete di istanze che avanzano nella società sarda e di creare una rinnovata classe dirigente in grado di proporsi con credibilità agli elettori.

martedì 26 agosto 2014

I "terroristi" aiutano gli Stati Uniti nella battaglia contro l'ISIS in Iraq

Washington ha acquistato uno sgradito alleato nella sua battaglia contro l'ISIS in Iraq - un gruppo di combattenti formalmente classificati come terroristi.
Il fuorilegge Partito dei Lavoratori Curdi (PKK), condannato per la sua tri-decennale ribellione contro lo Stato turco, sostiene di aver giocato un ruolo decisivo nello spuntare il movimento dei militanti ISIS verso l'Iraq, che hanno innescato i bombardamenti USA per fermare la loro avanzata.
"Questa guerra continuerà fino a quando elimineremo l'ISIS" dice Rojhat, un combattente PKK, da un letto di ospedale in Arbil, la capitale della regione curda in Iraq. 
Il coinvolgimento del PKK ha conseguenze non solo per i rivali delle fazioni curde, che hanno fallito nel fermare l'avanzata ISIS, ma anche per la Turchia e la comunità internazionale, che sono pressate dal PKK per rimuovere l'etichetta di terroristi.
Rojhat, 33 anni, è stato ferito per la terza volta, dall'ISIS, nella battaglia per la riconquista nell'Iraq settentrionale della città di Makhmur dopo che i militanti - ritenuti troppo estremisti anche da Al-Qaeda -  hanno incontrato sulla loro strada le vantate milizie curde peshmerga. 
Le prime due volte stava combattendo contro le forze turche, parte di un conflitto che ha ucciso 40mila persone dall'inizio, nel 1984, con la richiesta dell'indipendenza dalla Turchia, fino alla tregua di marzo 2013.
Il suo ruolo evidenzia la sfida che il PKK rappresenta per Ankara, che ancora li vede come terroristi ma si sente seriamente minacciata dall'ISIS che ha sequestrato dozzine di suoi cittadini e decapitato un ostaggio americano questa settimana.
Grazie a Rojhat e ai suoi compagni d'armi, i residenti di Makhmur che fuggivano in preda al terrore in un attacco che minacciava Arbil, distante 60 km, sono ora ritornati per valutare i danni.
Hanno già provveduto a cancellare graffiti che recitavano: "L'ISIS è qui per restare".
"Non si tratta solo di Makhmur, si tratta di tutto il Kurdistan" dice il comandante PKK Sadiq Goyi, seduto sotto un poster del leader incarcerato Abdullah Ocalan, riferendosi al territorio abitato dai curdi in Iran e in Siria, così come in Turchia e in Iraq.
"L'ISIS è un pericolo per tutti, noi lo combatteremo ovunque"
Un gruppo armato fratello del PKK - Unità di Difesa del Popolo (YPG) - si è ritagliato una zona autonoma nella Siria nordorientale e ha evacuato migliaia di Yazidi bloccati su una montagna con poca acqua e poco cibo.
"Il PKK è il nostro eroe" dice il 26enne Hussein, uno dei centinaia di Yazidi addestrati dai combattenti YPG nei campi in Siria allo scopo di combattere l'ISIS.
I comandanti PKK ritengono che la guerriglia abbia spostato la linea del fronte anche nelle città di Kirkuk e Jalawla.
Hanno rifiutato di dare numeri e i feroci combattimenti rendono le loro dichiarazioni difficili da verificare. 


GUERRA PSICOLOGICA



Le forze di sicurezza turche cominciarono negli anni '90 a sgomberare i villaggi sospettati di simpatizzare per il PKK, deportando migliaia di curdi, alcuni dei quali fuggivano dall'Iraq e si accampavano a Makhmur, recentemente diventata base della guerriglia PKK.

La parola "Apo", soprannome di Ocalan, è scarabocchiata sui muri attorno al campo, che ospitava più di 10mila persone fino all'incursione ISIS.
Una coppia solitaria di calze ciondola da un filo della biancheria e grappoli di uva non raccolti cominciano ad avvizzire sulla vite. Si può sentire il rumore sordo dell'artiglieria dalla nuova linea del fronte con lo Stato islamico, distante diversi chilometri.
L'ondata dei militanti ISIS verso il Kurdistan ha distrutto l'aura di invincibilità che circondava i guerrieri peshmerga della regione, che non combattevano da diversi anni e in definitiva non si sono dimostrati all'altezza dei guerrieri armati con armi saccheggiate dall'esercito iracheno.
Tuttavia i comandanti PKK ritengono che l'arma principale dei miliziani ISIS sia la paura: "Intraprendono una guerra psicologica" dice Goyi "lo Stato islamico non è così forte come crede di essere".
Il ritrovato ruolo del PKK può rivelarsi più preoccupante per il suo storico rivale: il Partito Democratico Curdo (KDP). Hanno rivaleggiato a lungo per la guida della comunità curda lungo i confini con Siria, Iraq, Turchia e Iran.
Con le forze curde di tutti e 4 i Paesi che combattono insieme per la prima volta, per ora almeno, la guerriglia PKK e peshmerga sta fianco a fianco nei checkpoints della strada per Makhmur. 
Ma le tensioni non sono molto al di sotto della superficie.
Un ufficiale anziano del KDP ritiene che il coinvolgimento del PKK scoraggerà la comunità internazionale a fornire armi avanzate da contrapporre all'arsenale ISIS.  "Non abbiamo bisogno di loro"dice del PKK, accusandolo di cercare di screditare il KDP.
Il guerrigliero ferito Rojhat ritiene il PKK più organizzato e disciplinato dei peshmerga, e la loro tattica più adatta a combattere gli ISIS, anche senza il supporto militare che gli iracheni curdi stanno cercando.
"In questo modo abbiamo combattuto l'esercito turco per anni" dice Rojhat "la guerra è un atto di fede"


NON C'E' BISOGNO DI PANICO



Ankara ha fatto un piccolo commento sull'ultimo conflitto in Iraq, in replica alle accuse, dove nega fermamente che il suo supporto agli oppositori sunniti del Presidente siriano Assad abbia aiutato l'ISIS a crescere e a temere per le dozzine di suoi cittadini che i miliziani hanno catturato.

Ma i funzionari turchi minimizzano la preoccupazione che il PKK  possa essere incoraggiato dal suo ruolo in Iraq, verso una coinvolgente agitazione in Turchia, e vede la lotta contro lo Stato islamico come una questione separata dallo scontro con Ankara per la difesa dei diritti dei curdi.
"In Iraq c'è una crisi e il PKK è impegnato lì in questa lotta contro l'ISIS insieme ad altri elementi" dice a Reuters un vecchio funzionario del governo turco, aggiungendo che non ritiene permanente il loro impiego.
"Non c'è paura di una divisione della Turchia o di una unificazione dei curdi al di là dei nostri confini. Fino a quando non ci sarà una richiesta espressa dal PKK in Turchia tramite un conflitto armato o violenza, non c'è bisogno di panico" dice il funzionario turco, facendo richiesta di anonimato per potersi esprimere più liberamente.  
Il vice Primo Ministro turco Besir Atalay ha detto che questa settimana il governo turco terrà colloqui diretti con i guerriglieri, il cui leader Ocalan è incarcerato nell'isola del Mar di Marmara. Proporrà un piano che prevede il disarmo e la reintegrazione dei combattenti nella società turca.
Il PKK vede il vecchio e il nuovo nemico molto vicini tra loro, e accusa la Turchia di finanziare e inviare islamisti per combattere i Curdi in Siria, accuse che Ankara respinge.
Ma ha ritirato la sua richiesta di uno Stato indipendente nella Turchia sud-orientale in cambia di una devoluzione di potere in ognuno dei 4 Paesi nei quali i Curdi sono divisi.
Un diplomatico europeo ad Ankara dice che il PKK vede le sue azioni in Iraq, in particolare il suo aiuto nella protezione dei membri della comunità yazida, come un contributo per una spinta diplomatica che persuada l'Unione Europea a rimuoverlo dalla lista dei gruppi terroristi.
"E' davvero paradossale che un'organizzazione proscritta come gruppo terrorista dall'UE mostri di aver avuto un ruolo significativo (contro lo Stato islamico)" dice il diplomatico.
"Stanno sfidando la base giuridica su cui l'UE li ha proscritti in prima istanza. Vedono tutto ciò che è successo nei giorni scorsi come acqua al  loro mulino"
L'UE, ad ogni modo, molto improbabilmente farebbe qualsiasi passo senza un accordo con la Turchia, dice il funzionario.
"I Turchi saranno fortemente contrari. Non siamo in una fase in cui la Turchia sia disposta a prendere in considerazione qualcosa di simile, assolutamente no"


Isabel Coels (Reuters)

http://www.reuters.com/article/2014/08/21/us-iraq-security-pkk-insight-idUSKBN0GL1H420140821

sabato 23 agosto 2014

Grandi manovre. Riformatori e UDC in cerca di alloggio?

Qualche giorno fa in Consiglio comunale si è votato su un odg proposto dal PD che chiedeva di destinare 700mila euro ai bandi per la povertà. La maggioranza ha votato contro, dimostrando poca sensibilità per i problemi che vivono i cittadini più deboli. Ma, per chi ha interesse verso le dinamiche politiche in corso, c’è anche un’altra notizia. Riformatori e UDC non hanno votato con la maggioranza e hanno abbandonato l’aula (i Riformatori non si sono presentati). Un nuovo atto di rottura, dopo quello del sindaco Contini che li ha esclusi dalla Giunta. Pare non abbia ricevuto le dovute garanzie di un loro appoggio in vista delle elezioni amministrative del prossimo anno. Si legge quindi tra le righe che Riformatori e UDC siano alla ricerca di una nuova collocazione politica, non si sa se autonoma o in alleanza con il centrosinistra. Grandi manovre in corso.


Immagine in evidenza

È diventata ormai una prassi della politica quartese quella di cambiare collocazione a pochi mesi dalle elezioni. Fiutare il vento e schierarsi dalla parte degli annunciati vincitori assicura così a diversi personaggi della politica quartese la sopravvivenza da diverse consiliature. Sarebbe bene che si assumessero per una buona volta la responsabilità dell’azione amministrativa che hanno sostenuto fino a qualche giorno fa e saranno poi gli elettori a decidere se premiarli o punirli. Farebbero una favore a tutta la città, rendendo chiari meriti e demeriti. E anche a loro stessi, che magari all’opposizione gli si schiariscono le idee. Queste manovre politiche da prima repubblica hanno la colpa di aver bloccato lo sviluppo della città per anni, lasciandola in mano a consolidati gruppi di potere, interessati unicamente alla loro sopravvivenza.

Anche il PD deve stare bene attento a non farsi tentare da soluzioni comode e magari anche vincenti nel breve termine, ma che rischiano di pregiudicare la chiarezza e la credibilità di tutta la coalizione con scelte poco comprensibili e gradite alla maggior parte dei cittadini. Le vicende degli ultimi anni hanno dimostrato come le somme algebriche non funzionino in politica. Nelle politiche 2013 il flirt tra Bersani e Monti si è rivelato dannoso, mentre nelle regionali di febbraio l’esclusione del Psd’Az in cerca di redenzione, si è rivelata vincente. Inoltre in caso di vittoria elettorale la presenza di forze politiche che si sono negli anni limitate a puntare sul cavallo vincente potrebbe rivelarsi a posteriori limitante dell’azione amministrativa. Nel lungo termine invece queste manovre centriste allo scopo di escludere gli estremismi hanno avuto l’effetto – a Quartu come altrove – di far emergere una forza politica come il M5S che gli estremismi li accoglie e li promuove. E a Quartu il fiato a 5 stelle soffia forte sul collo del PD. Il Movimento in città è solido e organizzato, ha ottenuto ottimi risultati nelle ultime tornate elettorali e una sua vittoria non è fantascienza. Operazioni di palazzo in difesa di stantii interessi e qualsiasi flirt verso queste forze politiche sarebbero a tutto loro vantaggio.

Riformatori e UDC si assumano le responsabilità di questi 5 anni di amministrazione di fronte agli elettori e se hanno qualche critica da esprimere e qualche nodo da sciogliere lo facciano all’interno della coalizione di cui hanno fatto parte fino a qualche settimana fa.

giovedì 24 luglio 2014

Generazione Metropolitana

Sono quartese da diverse generazioni. E in queste condizioni ho potuto conoscere i racconti di una città che in pochi anni è passata dall’essere un piccolo paese agricolo a un grande centro di servizi. Da quando ci voleva un’intera giornata di cammino per andare e tornare da Cagliari, sono cambiate parecchie cose.

Quartu è cresciuta a dismisura, in particolar modo negli anni ’80. La speculazione edilizia ha fatto nascere interi quartieri come Pitz’e Serra, e ha portato la popolazione da 30mila a 60mila abitanti nello spazio temporale di vent’anni (censimenti 1971-1991). Oggi gli abitanti sfiorano le 70mila unità, ma la città non è ancora riuscita a modificare la visione e la prospettiva di sé stessa. Rimane condizionata dal suo campanilismo e dal suo primordiale spirito agricolo e vive il confronto con il territorio circostante con conflittualità. Pesa l’assenza nel dibattito cittadino dei neoquartesi, principalmente cagliaritani trasferitisi nel nostro borgo, che faticano a vivere la città con protagonismo.

Proprio loro possono essere i promotori del cambiamento di questa città verso una dimensione metropolitana; una nuova cittadinanza dove il confine tra quartese, cagliaritano, selargino, etc. è sempre più labile e indefinito. L’incremento del numero di abitanti ha generato una crescita dei servizi tale che oggi non ci sono solo i quartesi che lavorano a Cagliari, ma anche i cagliaritani che lavorano a Quartu. Il nuovo cittadino dell’Area Vasta è quindi metropolitano.

Un contributo significativo in questo cambio di visione possono e devono darlo quei cittadini che fanno parte della cosiddetta generazione Erasmus, cioè quei giovani e meno giovani che hanno visto il mondo e hanno sviluppato uno sguardo aperto verso tutte le realtà che ci circondano. Loro, insieme ai neoquartesi, formano la Generazione Metropolitana.

http://cambiamoquartu.wordpress.com/2014/07/21/generazione-metropolitana/

lunedì 21 luglio 2014

Le responsabilità dell'Europa in Medio Oriente

L'Europa ha grandi responsabilità per quanto avviene ed è avvenuto in Medio Oriente.

Israele è la testa di ponte che gli assicura il controllo di una regione ricca di risorse energetiche, pur nel rispetto del principio di autodeterminazione dei popoli. Allo stesso tempo gli consente di lavarsi la coscienza da una secolare cultura antisemita che ha generato i marrani, i ghetti e infine l'Olocausto. Due piccioni con una fava.

Non riesco quindi a indignarmi verso due popoli che storicamente lottano per la loro sopravvivenza.

Mi indigno invece per il redivivo spirito colonialista che anima l'Occidente. Dietro i propositi di una missione civilizzatrice, sin dall'Ottocento si è sentito autorizzato a depredare popoli lontani delle loro risorse, imponendo usi e costumi, spesso stravolgendo l'ordine costituito. Oggi appoggia governi comodi a rappresentare i suoi interessi ed Israele è uno di questi.

Mi indigno anche per l'Oremus et pro perfidis Judaeis praticato dalla Chiesa Cattolica dal VI sec. fino al 1958. Di fatto una legittimazione a tutto il disprezzo verso un popolo accusato di essere deicida. Il sionismo è la naturale e giustificata conseguenza di un popolo perseguitato alla ricerca della sua salvezza.

Per questi motivi, di fronte alle immagini e alle urla che provengono dal Medio Oriente, l'Europa non può girarsi dall'altra parte, non può puntare il dito verso nessuno, se non verso sé stessa.
La Dichiazione Balfour del 1917.
Il governo britannico riconosce il diritto ai primi insediamenti ebraici in Palestina

domenica 4 maggio 2014

Quando al massimo si cantava "chi non salta milanista/juventino é"

Una cosa che mi stupisce degli ultras, avendo frequentato la curva, è che molti di loro non hanno mai calcato un campo di calcio. Quello vero, dove si respira l'aria di terra battuta, dove si indossano i colori di una squadra, dove si sottosta alle regole e all'autorità di un arbitro. E se si fa i prepotenti si viene cacciati dal campo. E nella quasi totalità dei casi l'idiota sei tu, per la tua squadra, per i tuoi avversari e per te stesso.

Nel rettangolo di gioco si impara a vincere insieme, si impara a darsi una mano, si impara a considerare sé stessi l'anello di una catena. Ma soprattutto si impara ad accettare il risultato del campo, ad accettare la sconfitta, a rispettare i propri avversari e a considerarli parte fondamentale del divertimento e della gioia di questo sport. Grazie a loro puoi misurare te stesso e puoi porti delle sfide. Per questo ho imparato negli anni a ringraziare i miei avversari prima e dopo una partita. Manca cultura sportiva nei nostri stadi. Troppo calcio in tv, troppo poco sport praticato

Negli anni le cose sono andate peggiorando. Ricordo quando mio padre mi portava allo stadio. Si inneggiava alla squadra e ai giocatori in una festa di colori, di sciarpe e di bandiere. Anche fumogeni. Il massimo dello sberleffo dell'avversario era "chi non salta milanista/juventino é" e tutti a saltellare, si faceva la ola oppure si cantava sotto la pioggia "o portiere, portiere bagnato, la tua porta Paolino ha bucato".


Oggi invece negli stadi si canta "onore ai diffidati", "stampa isolana, figli di puttana" "chi non salta è uno sbirro" "Pisanu/Maroni/Zedda pezzo di merda" etc. Non si insultano più neanche gli avversari, ma le istituzioni in un calderone di inciviltà. E allo stadio ci sono sempre meno spettatori. Poi guardi una partita del campionato inglese, tedesco o spagnolo e lo stadio è pieno, lo spettacolo in campo migliore, i tifosi appassionati ma composti.

Quello che c'è nelle nostre curve non è passione per lo sport. Bisogna costruire cultura sportiva. 

giovedì 10 aprile 2014

Io voto a balla sola

Io voto a balla sola alle elezioni europee del 25 maggio. Voterò per Renato Soru, candidato del PD e del PSE nel collegio V Sardegna-Sicilia per il Parlamento Europeo. Lo farò per quanto non mi convincano né il metodo né il merito della scelta.


Il metodo, perché è una candidatura che, contrariamente da quanto stabilito nello Statuto PD, è nata senza un coinvolgimento ampio di iscritti ed elettori. Una candidatura proposta ufficialmente solo durante la direzione regionale di qualche giorno fa a cui personalmente ho assistito. Mentre si discuteva di riforma del Titolo V, il segretario Silvio Lai proponeva all'improvviso il nome di Soru come candidato sardo per le europee. L'interessato ha risposto con un rifiuto conciso e poco convincente e dopodiché si è tornati a parlare di riforme costituzionali. Forse la questione interessa poco o forse discutere le due cose insieme era solo uno stratagemma per evadere la questione.

Soru è sicuramente una figura in grado di rappresentare tutto il centrosinistra sardo e capace quindi di raccogliere consenso oltre il PD. I miei dubbi nascono dal suo Curriculum Vitae nell'ultima legislatura del Consiglio Regionale. Recordman di assenze, mi auguro non tenga, se eletto, lo stesso comportamento a Strasburgo. Mi auguro che tenga in considerazione che, se eletto, avrà una responsabilità importante datagli dal voto di centinaia di migliaia di sardi. Spero inoltre che questa tornata elettorale non sia una rampa di lancio verso altri lidi, come accaduto per altri in passato.

C'erano altri candidati spendibili per questo tipo di elezione. Penso ad esempio ad Andrea Murgia, che allo stesso tempo conosce a dovere i meccanismi delle istituzioni europee ed ha dimostrato di saper raccogliere consenso anche al di fuori del PD. Candidato sul cui impegno a Strasburgo avrei messo la mano sul fuoco. Penso anche a Francesco Sanna che ha offerto un impegno importante per ottenere un collegio sardo e ha un peso politico in grado di andare oltre i confini della nostra regione. Sarebbe stato importante, coinvolgente e utile fare una discussione ampia su tutti questi profili e poi decidere quale fosse il candidato migliore a rappresentare la Sardegna in Europa.

La candidatura Soru ha grandi possibilità. Rosario Crocetta fu eletto nel 2009 con 150mila voti. Terza, prima dei non eletti, Francesca Barracciu con 116mila. Soru può riuscire a raccogliere 150mila preferenze e oggi il PD, nel collegio V, può riuscire ad ottenere il terzo seggio per due motivi: 1) può raccogliere una percentuale di voti superiore al 25  per cento del 2009; 2) l'odg approvato in Parlamento, grazie al lavoro dei deputati sardi del PD, impegna il governo a sostenere l'interpretazione della legge che assicuri il rispetto degli 8 seggi per la circoscrizione Sardegna/Sicilia (nel 2009 sono stati 6).

Voterò a balla sola. Oppure per esplicitare in "campidanesu" 'ongu unu votu de preferentzia isceti.

Ci sono sicuramente candidati validi tra i siciliani in grado di rappresentare degnamente i sardi. Penso a Giusi Nicolini che, da sindaco di Lampedusa, rappresenta la frontiera europea del Mediterraneo. E quindi una questione importante che riguarda non solo la Sardegna, ma tutta l'Europa. Ritengo però che se ognuno elettore sardo del PD si prendesse la libertà di scegliere un altro candidato che possa rappresentarci, finiremo per indebolire il nostro. 

Per questo, nonostante i miei dubbi, voto e farò votare Renato Soru per portare la Sardegna nell'unica istituzione europea eletta direttamente dai cittadini. Un parlamento sempre più incisivo nella politica UE dopo le riforme del Trattato di Lisbona. E lo farò a balla sola.

http://circolocopernico.wordpress.com/2014/04/10/stefano-floris-io-voto-a-balla-sola/

mercoledì 26 marzo 2014

Riflessioni sul Congresso in Sardegna. PD degli iscritti e degli elettori

Fin dalla sua nascita il PD ha vissuto un dibattito interno - più o meno latente - sulle modalità di scelta del segretario e di tutti gli organismi dirigenti. Un dibattito che mi auguro possa proseguire nel futuro e trovare una soluzione definitiva.

Le primarie sono un istituto fondante del PD, ma dentro il partito vi sono posizioni e argomentazioni solide a sostegno dell'idea che questa scelta spetti unicamente agli iscritti. Sarebbero loro i soli titolati a decidere in quanto elementi attivi e costitutivi del partito.

I sostenitori delle primarie ritengono invece che il partito, svolgendo una funzione pubblica, appartenga a tutti gli elettori, non solo ai suoi iscritti. Di conseguenza la scelta spetta a tutti i cittadini che vogliano partecipare e si riconoscano nel PD.

Quale tra queste due tesi è quella più valida? Un atteggiamento integralista non credo aiuti. Mi piacerebbe che il luogo deputato a portare avanti questo dibattito sia l'assemblea nazionale e - perché no? - in ambito locale siano gli organismi locali a decidere la modalità di elezione di segretario e organismi dirigenti, nell'ottica di un partito federato. Al momento invece le modalità di elezione, anche a livello locale, sono stabilite dallo Statuto nazionale (commi 4, 8 art.15). Personalmente ritengo che entrambi i metodi abbiano forti criticità, da risolvere con regolamenti solidi e ragionati.

Tornare a un partito dove decidono la linea solo gli iscritti porta il rischio di un ulteriore avvitamento del PD su stesso, rinchiuso nelle sue diatribe interne. A tal proposito voglio portare ad esempio lo strano caso del PD di Quartu.
Nella mia città la mozione Cuperlo ha ottenuto 423 voti e una percentuale del 62%. Alle primarie dell'8 dicembre ne ha invece ottenuto 593 (170 in più), ma nel frattempo il totale dei votanti era enormemente aumentato, passando dai 678 del congresso ai 2.123 delle primarie. Di conseguenza la percentuale della mozione Cuperlo è passata dal 62 del congresso al 27 delle primarie. Una variazione percentuale di 35 punti! La mozione Renzi è invece passata dal 33 al 52 per cento (+19%, da 228 a 1.123 voti) e la mozione Civati dal 2 al 20 (+18%, da 15 a 415 voti).

Città
di Quartu
Congresso degli iscritti
Primarie aperte

N. Voti
Percentuale
N. Voti
Percentuale
Cuperlo
423
62,39%
593
27,83%
Renzi
228
33,63%
1123
52,70%
Civati
15
2,21%
415
19,47%
Pittella
12
1,77%
-
-


Questi numeri inopinabili dimostrano una forte divergenza tra l'opinione degli iscritti e quella degli elettori e i rischi che comporta affidare la scelta della guida e della linea del PD unicamente ai primi. L'obiettivo di un partito è calarsi nella società, interpretarne e rappresentarne gli umori. Ma se gli iscritti non sono in grado di essere un campione rappresentativo, di essere antenne del sentire comune, di saperlo a loro volta orientare, allora è più giusto e utile aprirsi alla società tutta. Perché alla fine un partito che aspira a governare deve rappresentare tutti i cittadini, non solo gli iscritti. Mi chiedo, a tal proposito, quanto siano rappresentativi questi 678 iscritti che saranno decisivi e incisivi, notevolmente di più di quanto lo siano nella società, in occasione dei congressi di circolo e del congresso provinciale previsto per il 2014. Inevitabilmente porteranno alla costituzione di un PD locale non in linea con gli elettori.
Credo che il sistema di tesseramento meriti quantomeno maggiore attenzione e regolazione. Penso a un patto di stabilità che imponga un limite alla variazione percentuale di iscritti in ogni singolo circolo e soprattutto l'istituzione di efficienti organismi di controllo che verifichino numeri e identità degli iscritti.

Anche lo strumento primarie ha qualche criticità. Richiedere l'obolo dei 2 euro è un limite alla partecipazione più ampia possibile e fino ad oggi è stato giustificato con la necessità di coprire le spese organizzative e di limitare la partecipazione agli elettori potenziali del PD. Credo nel primo caso la richiesta dei 2 euro non sia giustificata, almeno fino a che conserveremo delle forme di finanziamento pubblico. Per quanto riguarda la necessità di limitare la partecipazione ai potenziali elettori PD, credo che sia un problema che meriti altre soluzioni, prendendo esempio proprio dal luogo dove le primarie hanno avuto origine. Ovvero si potrebbe chiedere agli elettori interessati di pre-registrarsi in un albo degli elettori, anche per ovviare a problemi organizzativi che si determinano nella confusione dei seggi.


In sintesi ritengo necessario investire sull'efficienza degli strumenti di partecipazione. Di investire più sulla qualità che sulla quantità di iscritti ed elettori. Ad ogni modo, in virtù anche degli ultimi avvenimenti, ritengo lo strumento primarie più utile per scegliere la guida e la linea di un partito che per scegliere un candidato alle cariche istituzionali. L'obiettivo è infatti quello di favorire la partecipazione e questa deve partire dai partiti, luoghi ideali in cui esercitare le virtù di cittadino. E le primarie sono lo strumento giusto per avvicinare i delusi che si allontano dai partiti e per diffondere in loro senso civico e democratico.

http://circolocopernico.wordpress.com/2014/03/23/stefano-floris-riflessioni-sul-congresso-in-sardegna-pd-degli-iscritti-e-degli-elettori/

giovedì 6 febbraio 2014

Pigliaru il gramsciano. L'istruzione in Sardegna


Francesco Pigliaru parla molto di sviluppo in giro per la Sardegna. E spesso e volentieri fa riferimento all'istruzione. Istruzione come industria, come motore di crescita e di sviluppo. E' un concetto molto gramsciano. 


Quando l'intramontabile Nino, che tanto lustro dà alla Sardegna nel mondo, diceva "istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza" intendeva dire che "non c'è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l'homo faber dall'homo sapiens. Ogni uomo infine, all'infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un filosofo, un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale". 

Essere istruiti non significa fare un mestiere anziché un altro. Ricordo un mio vecchio professore spiegare a noi matricole che l'Università non insegna una materia anziché un'altra, ma insegna invece a studiare. Conosco diverse persone prive di un titoli di studio ma con grande capacità di pensare. A volte mi chiedo cosa potrebbero essere state per sé stesse e per tutta la collettività se avessero avuto l'opportunità di studiare. Penso all'enorme spreco di risorse umane in una Regione dove, in termini di percentuale di laureati sulla popolazione regionale si colloca al 252° posto su 261 regioni europee, comprese le 54 regioni dei Paesi nuovi entranti (Eurostat, 2002). Perché la cultura e l'istruzione sono sviluppo di ingegno e di capacità di adattamento, sono indipendenza di pensiero del singolo, sono "organizzazione, disciplina del proprio io interiore; presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri". 

Anche per questo voto Francesco Pigliaru Presidente, l'ideatore del MasterBack



http://circolocopernico.wordpress.com/2014/02/06/stefano-floris-pigliaru-il-gramsciano-listruzione-in-sardegna/

martedì 4 febbraio 2014

Decreto IMU-Bankitalia. Per chi volesse andare oltre gli slogan

La Camera dei Deputati ha tramutato in Legge nei giorni scorsi il cosiddetto Decreto IMU-Bankitalia. Il decreto prevede la ricapitalizzazione del patrimonio Bankitalia che passa da 156mila euro a 7,5 miliardi. I fondi in questione sono trasferiti dalle riserve statutarie di Bankitalia al patrimonio della banca stessa. Patrimonio che non è a disposizione dei partecipanti, in quanto Bankitalia continua ad essere un istituto di diritto pubblico regolato dal suo statuto. Il provvedimento quindi è un mero esercizio contabile che destina fondi pubblici da un capitolo ad un altro. 

L'effetto è duplice:

1) L'incremento patrimoniale del capitale nominale determina un incremento del patrimonio dei partecipanti, costretti quindi a pagare tasse per un 20% di reddito di capitale. Lo Stato incasserà in questo modo circa un miliardo di euro per finanziare il taglio dell'IMU. Ecco come si spiega l'accorpamento delle due questioni.

2)Bankitalia distribuisce ogni anno una parte dei suoi dividendi, ricavati dagli utili, ai partecipanti. Gli utili derivano dalla cosiddetta attività di signoraggio, cioè dai ricavi che Bankitalia ha nel stampare e prestare cartamoneta. Lo statuto prevede all' art.40 che questi utili siano destinati:

a) alla riserva ordinaria, fino alla misura massima del 20 per cento; 
b) ai partecipanti, fino alla misura massima del 6 per cento del capitale; 
c) alla riserva straordinaria e ad eventuali fondi speciali fino alla misura massima del 20 per cento; 
d) allo Stato, per l’ammontare residuo. 

La quota destinata ai partecipanti può essere incrementata per statuto di un ulteriore 4 per cento (6+4=10 per cento). Ciò significa che sino ad oggi i partecipanti hanno usufruito di utili per massimo 15.600 euro, mentre grazie al nuovo decreto potranno usufruire sino a 750 milioni di euro di utili. La destinazione non è automatica, ma avviene per precisa scelta del Consiglio superiore, su controllo del Collegio sindacale. Lo Statuto pone semplicemente dei limiti e il decreto consentirà di fatto al Consiglio superiore di incrementare la quota dei fondi destinati ai partecipanti. 

Il decreto vieta inoltre ai partecipanti di possedere più del 3 per cento delle azioni di Bankitalia e molti di loro dovranno vendere le loro quote esclusivamente ad istituti di credito e assicurazioni che hanno sede amministrativa in Italia. 

Quindi i partecipanti finora hanno sempre ricevuto 15.600 euro di dividendi. Ora ne riceveranno 750 milioni? In realtà no. Non solo perché la cosa non è automatica, ma anche perché i partecipanti sino ad oggi hanno ricevuto più di quella cifra. Le relazioni annuali di Bankitalia rivelano come ad ogni esercizio venga loro conferito uno 0,5 per cento del totale delle riserve, sempre secondo l'art.40 dello Statuto. Dai 58 ai 70 milioni di euro all'anno negli ultimi 5 anni. 

In sostanza il provvedimento non determina il trasferimento di fondi, ma allarga le maglie di intervento del Consiglio superiore a favore dei partecipanti, a fronte di un entrata una tantum per lo Stato di un miliardo scarso. Considerando che i membri del Consiglio sono nominati dall'assemblea dei partecipanti (art.15 Statuto), è facile capire quali scelte faranno. Saranno incrementati i fondi destinati ai partecipanti a discapito di quelli destinati allo Stato e l'introito iniziale verrà ricompensato nel giro di un paio d'anni.