domenica 25 maggio 2008

Pericolo squadrismo a Roma

Da questo blog lo avevamo detto. Lo avevamo preannunciato. Qualcuno ci ha persino riso dietro. Un sindaco postfascista a Roma avrebbe dato forza a un gruppo di esaltati e la convinzione che potessero fare in città quello che vogliono.
Oggi si inizia a intravedere a Roma, capitale d’Italia, un preoccupante rigurgito squadrista. I nazi dormienti intravedono nell’esito delle elezioni, una forma di consenso per le loro azioni violente e intolleranti. Così attaccano fisicamente il diverso. A Verona un ragazzo coi capelli lunghi. A Roma pestano l’extracomunitario e l’omosessuale. Qualcuno potrebbe sostenere che anche gli extracomunitari si sono resi responsabili di atti violenti nella capitale(non però gli omosessuali e i ragazzi coi capelli lunghi), e quindi sarebbe una giusta punizione(lungi da me questa posizione). Ma qui si parla di gruppi organizzati, di branchi, che premeditano e celebrano la violenza. Ringraziamo i giornali che riportano questi fatti e tengono alta la tensione. Ma non vorremo che questi fatti diventino una cosa così frequente da non essere più notizia. Spetta ora al neosindaco Gianni Alemanno dimostrare di non essere più fascista, di voler impedire che Roma diventi un campo di battaglia, di voler combattere lo squadrismo. Lo deve a tutti coloro che, pur essendo di sinistra, lo hanno votato.
Chissà cosa pensano oggi costoro. Sono curioso di saperlo. Di sicuro, se Alemanno li deluderà in questo, spetterà a loro la responsabilità di combattere queste forze. E per farlo, forse, dovranno prendere anche loro i bastoni e gli assi di legno e combatterli con i loro stessi metodi. Come si faceva negli anni settanta. La forza materiale si abbatte con la forza materiale.

mercoledì 14 maggio 2008

La dittatura dolce

Nel discorso tenuto alla Camera dei Deputati, il nuovo Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, offre la mano tesa al Pd, parla della necessità di un nuovo clima politico e di dialogo tra maggioranza e opposizione. Riconosce e apprezza il governo ombra e plaude il discorso di Piero Fassino.
Le reazioni a questo discorso sono state diverse all'interno del Pd. Alcuni esprimono soddisfazione, arrivano a prendersene merito. Altri invece invitano alla prudenza, non si fidano, temono nuovi raggiri. E' indubbio che la mossa di Berlusconi è stata di grande abilità: è riuscito a gettare nella confusione e nel panico il principale partito di opposizione. Gli stati d'animo infatti sono diversi e si riflettono nelle diverse posizioni all'interno del Pd.
Ciò che è accaduto ieri è l'emblema della vittoria politica di chi ha costretto i suoi avversari a scendere prima o poi a patti. Dopo quindici anni di duro scontro, Berlusconi può permettersi il lusso di tendere la mano ai suoi avversari che sono ormai allo frutta. L'egemonia culturale che la destra ha conquistato nella società grazie all'opera costante delle televisioni commerciali e non, costringe anche gli oppositori a chiedere elemosina di fronte all'incontrastato dominatore della politica italiana. Tra l'altro, il Berlusconi si permette di ignorare i suoi ex alleati dell' Udc che sono furibondi. Un chiaro segno di chi si sente così sicuro da non temere neppure il potere della Cei e del Vaticano.
Ormai andargli contro è impossibile e controproducente, meglio cercare di dialogare e di riconoscerne la potenza. Questo non significa però gettare definitivamente la spugna.
Il Pd cerca di abbattere il muro che Berlusconi ha posto tra i suoi oppositori e la società italiana, non con un martello o un altro corpo contundente, perché questo muro si è dimostrato troppo solido. Cerca invece di infiltrarsi come fa l'acqua e di indebolirlo fino a farlo marcire. Berlusconi è un uomo dalle grandi ambizioni e di un infinito narcisismo, ma privo di solidi convincimenti politici. Per soddisfare il suo ego illimitato si è prima alleato ai socialisti di Craxi, quindi ha sposato i postfascisti e i leghisti pur di vincere le elezioni e di non assistere impotente al suo tramonto. Si sarebbe alleato anche con i comunisti se questi gli avessero consentito di poter continuare a soddisfare i suoi istinti. E' questo il punto debole di Berlusconi che il Pd deve saper sfruttare. E' la linea dell' appeasement, la cui efficacia non è scontata.
E' un' impresa che non si può realizzare in poco tempo. Che fa tremare le vene ai polsi. Ieri quando ho sentito quel discorso ho avuto paura. La paura di chi non conosce il suo destino. Ma in politica bisogna avere il coraggio di affrontare le proprie paure.

sabato 3 maggio 2008

Grillo, diritto di cronaca


Non sono un fan di Grillo ultimamente, anche se è apprezzabile che sappia porre questioni importanti. Sicuramente sono un fan di Santoro, che fa giornalismo con passione, col rischio talvolta di lasciarsi deviare. Ma è un rischio a cui non ci si può sottrarre (se si è intellettualmente onesti) e considero Santoro un baluardo di fronte al monopolio dell'informazione televisiva. Speriamo non ci siano nuove purghe.

Di seguito la lettera pubblicata in risposta alle critiche piovute dopo la trasmissione di giovedì ad Annozero dove Vittorio Sgarbi (un uomo che cambia campo politico a seconda del vento che tira) si è reso protagonista di un attacco turpiloquiante e vergognoso.


Ho fatto come sempre il mio lavoro, con ottimi risultati per l’azienda e portando a termine una trasmissione difficile che ha dovuto sopportare durante il suo svolgimento insulti e provocazioni preordinate. Ritengo di aver esercitato il diritto di cronaca dando conto, come altri programmi, dei momenti più significativi della manifestazione promossa il 25 aprile a Torino da Beppe Grillo. L’ho fatto nell’esclusivo interesse del pubblico, con un lavoro di edizione che ben risultava dalla messa in onda, ma del quale, se vorrà, il Presidente Petruccioli potrà essere informato ascoltando montatori e giornalisti che lavorano con passione nella nostra redazione e che sono abituati a usare la loro professionalità al servizio del pubblico e non per conto terzi. Tutti i partecipanti ad Annozero, compreso Marco Travaglio, che aveva preso parte al V-Day, hanno avuto espressioni di critica e avanzato rilievi nei confronti di Grillo; c’è stato anche chi l’ha insultato con estrema violenza. Le affermazioni di Beppe Grillo sul Presidente Napolitano, già presenti nelle cronache di tutti i giornali italiani, sono state riportate senza la volontà di farle proprie. Non riportarle avrebbe rappresentato, a mio parere, una grave omissione e una censura. La stessa considerazione vale per i giudizi sul professor Veronesi e su qualunque altro personaggio pubblico. Poiché Grillo è di fatto un soggetto politico, va attribuita esclusivamente a lui la responsabilità di ogni sua dichiarazione, come confermano recenti sentenze della Corte di Cassazione e come normalmente avviene per Berlusconi, Bossi, Mastella e qualunque altro leader politico. Spetta dunque ai tribunali e non ai giornalisti valutare la portata calunniosa delle affermazioni fatte dai soggetti politici e non mi risulta che ci siano state iniziative in tal senso, perché altrimenti ne avrei dato volentieri conto. Sono pronto a rispondere in qualsiasi sede della correttezza dei miei comportamenti e resto fiducioso in attesa delle iniziative che intenderà intraprendere il Presidente Petruccioli, ma non ritengo che esse potranno continuare a consentire ai leader dei partiti di dire quello che vogliono nella televisione pubblica, proibendo invece a un unico soggetto politico, Beppe Grillo, di esprimere il proprio pensiero. La Rai appartiene infatti al pubblico e non ai partiti e la libertà d’espressione è tutelata dalla Costituzione Repubblicana.


Michele Santoro



mercoledì 30 aprile 2008

Sconfitta totale

Anche Roma va al centrodestra. Dopo 15 anni di amministrazione del centrosinistra, dopo soli due anni dalla vittoria schiacciante di Veltroni, ottenuto con il 61% dei voti, il centrodestra riesce a conquistare la capitale. E per di più con un postfascista dal passato oscuro come Alemanno. Dopo questo risultato si può dire che è stata una sconfitta totale.
Si è arrivati alle politiche con la speranza che la nuova creatura potesse mettere in difficoltà Berlusconi e recuperare consensi, che potesse almeno ambire a impedire la definizione di una maggioranza ampia in Senato, in modo che il centrodestra sarebbe stato costretto a trattare su tutte le questioni fondamentali. Così non è stato e c'è da chiedersi il perché e come ripartire.
Non attaccare l'avversario non è servito a conquistare il centro, anzi ci ha fatto perdere voti a sinistra a favore della Lega. Ciò significa che lo ha addirittura avvantaggiato. Si è fatta sentire l'assenza della sinistra che ha sempre avuto il ruolo di raccogliere il voto di protesta e di fornire rappresentanza alle classi deboli. Il Pd crede nel mercato e nella liberalizzazione delle risorse, crede nella circolazione dei beni e delle conoscenze. Ma in questa fede non deve essere fondamentalista e ideologico. Il mercato infatti è un'opportunità, ma spesso crea storture e inefficienze che pagano principalmente le classi deboli. La concorrenza perfetta non esiste e la piena allocazione delle risorse è impossibile. Quando ciò si verifica è necessario ascoltare i problemi che vengono dal basso e offrire una soluzione. L'atteggiamento di Berlusconi su Alitalia, per quanto sia populista, è politicamente efficace perché dimostra di avere attenzione ai problemi dei lavoratori e della gente comune. Almeno, questo è ciò che ci appare. A poco servono poi i discorsi sul debito pubblico e sulla meritocrazia o capacità imprenditoriale che risultano poco comprensibili ai più perché non li tocca direttamente. Tutto ciò spiega il botto della Lega e il fiasco della Sinistra, la differenza tra Veltroni e Berlusconi. Veltroni ha proposto un'idea di società, Berlusconi semplicemente si è adattato all'esistente. Ma non è tutto.
Il Pd paga anche la sua natura ambigua, soprattutto sui temi civili. Il risultato di Roma parla chiaro. Zingaretti alla provincia vince e Rutelli al comune perde. Una punizione verso una candidatura poco innovativa e poco coraggiosa, come quelle di De Luca e Calearo in Parlamento. Una punizione verso una linea sui diritti civili ben rappresentata da Rutelli: poco chiara e poco di sinistra. O meglio ancora, poco liberale. Su questo punto bisogna fare chiarezza, bisogna capire se si vuole realmente offrire un'alternativa agli elettori o appiattirsi sulle posizioni del centrodestra. Rimango decisamente sconvolto quando sento che elettori di sinistra hanno votato Alemanno invece che Rutelli, ma questo testimonia il definitivo sdoganamento dei postfascisti anche nella sinistra italiana.
Il Pd ora in Parlamento dovrà fare sostanzialmente due cose. La prima è risolvere in maniera definitiva il conflitto d'interessi e porre fine a una situazione che sta consegnando al centrodestra una egemonia culturale sulla società italiana. La seconda è lavorare a riforme istituzionali per un sistema bipolare dell'alternanza ma non bipartitico, che gli italiani, nella loro cultura campanilistica figlia dei Comuni rinascimentali, dimostrano di patire. Quindi dovrà radicare il suo partito sul territorio e risolvere questioni che lo rendono troppo ondivago agli occhi della società italiana ma soprattutto al suo elettorato di riferimento.
Tutto ciò, con pazienza e intelligenza, si può fare.

venerdì 25 aprile 2008

Onore ai caduti

Onore ai caduti,
A coloro che hanno preso in mano un fucile,
A coloro che hanno preferito morire,
A coloro che hanno difeso la loro e la nostra libertà,
A coloro che hanno sconfitto lo straniero.
Onore a chi ha continuato a essere libero,
A chi ha bevuto l'olio di ricino,
A chi è finito in prigione,
A chi ha tenuto fede alla sua coscienza democratica.
Onore a Matteotti,
a Gramsci,
a Gobetti,
a Don Sturzo,
ad Amendola,
ai fratelli Roselli, ad Emilio Lussu.
Grazie a tutti loro,
Onore all'Italia, onore alla Repubblica.


“Ho l’onore di sedermi dalla parte dei vincitori e tale onore me lo hanno dato i partigiani”
(A.De Gasperi, 25 aprile 1945)

giovedì 24 aprile 2008

Non passa l'Alemanno


Se non rimpiangi il fascismo, vota Rutelli.

lunedì 21 aprile 2008

Uno sguardo alla Capitale

Riparte da domenica la rincorsa del Pd e di tutto il centrosinistra. Nel mentre che si discute su come riorganizzarsi per fare opposizione al nascente governo Berlusconi, si terrà infatti questa domenica il ballottaggio per eleggere il nuovo sindaco di Roma. Dopo 15 anni di onorato servizio mi auguro che il centrosinistra riesca a confermarsi con la guida di Rutelli che già in passato ha ben amministrato la capitale. Ancor di più me lo auguro quando il suo avversario si chiama Alemanno. Il problema sicurezza è infatti molto sentito negli ultimi tempi e son sicuro che Rutelli saprà trovare le giuste contromisure, ma mi preoccupa sinceramente l' eventualità che a preoccuparsi del problema sia un personaggio dal passato oscuro come il candidato del PdL.
A Roma infatti sono già stati segnalati negli ultimi tempi preoccupanti rigurgiti di squadrismo fascista e temo che con un esito elettorale nefasto il fenomeno possa degenerare. Alcuni di questi delinquenti potrebbero sentirsi legittimati nelle loro azioni violente. Il fascismo deve essere combattuto con una dura opposizione e repressione e non con la linea morbida. E' contro questi personaggi che si appropriano del diritto di esercitare la violenza, che occorre la "tolleranza zero", più che con altri.
Non credo che questo sia capace di farlo Alemanno, perché già in passato si è reso pure lui protagonista di eventi incresciosi. Si parla tanto del passato di politici del centrosinistra, ma si dimentica che nessuno dei suoi ministri è mai stato in gabbia. Alemanno invece ha già scontato 8 mesi di carcere per aver lanciato una molotov contro l'ambasciata dell' Unione Sovietica a Roma. Successivamente è stato fermato per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, in occasione di una visita a Roma del presidente degli Stati Uniti George Bush senior. Insomma, un personaggio ambiguo che ha cercato anche i voti di chi si dichiara orgogliosamente fascista come Storace (se non fare dietrofront, in seguito alle proteste della comunità ebraica) e che nel 1991 alla guida del Fronte della Gioventù, contestò duramente Umberto Bossi, oggi suo alleato di governo. Nonostante ciò è stato ministro e oggi si candida a guidare la capitale. Non oso pensare a come possa cadere nel degrado e nella violenza la nostra capitale, se amministrata da un fascista.

domenica 20 aprile 2008

L' Italia è un paese di destra

Passata la sbornia delle elezioni, passati i momenti caldi, è ora di analizzare la situazione a mente fredda. Osservando i flussi elettorali e la geografia del voto è evidente una cosa. I ceti popolari, i ceti deboli, i ceti meno istruiti votano oggi a destra. Il Pd tiene soprattutto nei grandi centri urbani mentre cede nelle zone rurali, nelle periferie. Nella mia città, Quartu S.Elena (70mila abitanti), nei quartieri poveri e di periferia il Popolo delle Libertà prende percentuali che vanno dal 60 al 75 per cento. Più contenuti i distacchi nelle zone centrali e nelle zone residenziali. Che riflessioni si possono fare a proposito?
Innanzitutto bisogna considerare il peso che ha avuto in queste elezioni il voto "utile" e la polarizzazione e personalizzazione sempre più crescente del confronto politico. Mi chiedo infatti se, in una possibile alleanza con la Sinistra Arcobaleno, Veltroni avrebbe potuto catalizzare una parte di quei voti popolari che invece sono andati alla Lega. E' possibile che ci sarebbe stato un distacco più contenuto e quindi una maggioranza più ridotta per Berlusconi&co. Questo però non è avvenuto, non solo per colpa di Veltroni, ma anche di chi ha continuamente attaccato il Pd sin dalla sua nascita nella speranza di poterne ottenere un vantaggio. In queste condizioni "andare da soli" si è rivelata una scelta obbligata e spero salutare per la Sinistra. Negli ultimi 15 anni infatti, la sinistra cosiddetta radicale ha badato troppo a difendere il suo piccolo feudo elettorale senza pensare a come organizzarsi per incidere nella realtà quotidiana. Si è rinchiusa nelle sue certezze ideologiche e ha lasciato agli alleati il compito di elaborare una strategia di governo e un'idea condivisa di società. Quando le forze riformiste hanno tentato, con il Pd, di semplificare il quadro e rendere più compatto il proprio schieramento, si sono dovute sottoporre al fuoco "amico". Di questa spaccatura si è avvantaggiata la destra.
Il fatto che i ceti popolari oggi votino soprattutto a destra è determinato dalla posizione dominante di Berlusconi nel sistema televisivo, il più importante centro di informazione contemporaneo. Circa l' 80% degli italiani si informano infatti tramite la televisione ed è difficile in questa situazione contrastare il tycoon italiano. Un altro problema importante da affrontare per le sinistre è il debito pubblico, che rischia di incidere sulla capacità di accedere a prestiti con interessi agevoli e limita quindi la capacità di investire soprattutto dei piccoli e quindi dei più deboli. Ma anche questo problema rende necessarie soluzioni impopolari e difficili. Il conflitto di interessi e il debito pubblico sono due grossi problemi del nostro paese che si possono affrontare però solo con una grande forza compatta che non si sfilacci alle prime incomprensioni e dove vi sia grande spirito di sacrificio. Quello che rimprovero maggiormente a Bertinotti&co., non sono tanto le loro istanze e le loro proposte politiche, ma più che altro la loro mancanza di elaborare una strategia efficace nell'odierno sistema.
Un altro importante tema emerso da queste elezioni è la questione sicurezza. E' chiaro che l'alto numero di immigrati che arrivano in Italia sono percepiti come una minaccia soprattutto dai ceti più deboli della nostra società. A parte il ruolo importante che gioca la televisione anche su questa tematica, emerge con chiarezza il rischio potenziale e preoccupante di una guerra tra poveri, che è sempre stato lo strumento utilizzato dalle classi alte per tenere a bada i malumori che arrivano dal basso. Bene, io credo che sia necessario per le sinistre elaborare a proposito una strategia efficace, libera da lacci ideologici, che impedisca lo scoppio definitivo di uno scontro sociale con conseguenze devastanti.
L'altra cosa chiara che emerge, e che costringe tutte le sinistre a prenderne atto per potersi confrontare con la realtà, è che oggi l'Italia è un paese di destra.

mercoledì 16 aprile 2008

L' Italia e Kilombo

Scusatemi se mi permetto, scusatemi se sarò cattivo, ma dopo questi risultati, ho da togliermi qualche sassolino dalle scarpe.
E' da parecchi mesi infatti che su Kilombo il Pd e Veltroni vengono dipinti come traditori della causa, come un partito sporco, come dei truffatori, come degli arraffatori. Si è detto di tutto e di più, che era un partito farlocco, che era un partito al servizio della Chiesa e di Confindustria. Bertinotti e Boselli sempre lì a pungere e a cercare di provocare emoraggie. Anche su questo blog sono arrivati degli strali, a cui ho risposto sempre pacatamente ed educatamente. Ho avuto anche paura che di fronte a questo sciaccalaggio gli italiani non avrebbero capito quello che stiamo cercando di fare con il Pd, temevo la sorpresa, temevo il fallimento. E invece ad affondare sono stati coloro che questo progetto l'hanno sempre ostacolato e deriso, che l'hanno appoggiato quando gli faceva comodo e attaccato quando ci stavano stretti. Il Pd ha perso? Veltroni avrebbe perso comunque, non gli sarebbero certo bastati i voti dell' Arcobaleno e dei Socialisti, e sicuramente avrebbe dovuto prendersi tutti gli oneri della sconfitta. Meglio perdere da soli e assumersi da soli le proprie responsabilità, senza sciacalli che vivono di rendita. In politica non conta perdere o vincere le elezioni, ma essere incisivi sulla società. Il Partito Democratico questo lo ha capito e ha smesso di seguire Berlusconi su questa strada. Il Partito Democratico ha vinto perché ha saputo prendersi le sue responsabilità, ha saputo interpretare il sentimento dei cittadini che vogliono una sinistra di opposizione quando deve fare l'opposizione e una sinistra di governo quando deve governare. Il cittadino italiano si chiede:" Ma per quale motivo dovrei votare per chi non riesce neanche a governare quando ne ha la possibilità?" Questo si chiede. Ma su Kilombo è pieno di persone che credono di rappresentare la migliore tradizione della sinistra italiana e invece non rappresentano che sé stessi.
Il risultato del Pd è positivo se si pensa alle condizioni di partenza, di un governo incapace di operare per i suoi conflitti interni, di un Prodi che ha dovuto tirare fuori tutta la pazienza e la grinta di cui era capace per tenere in piedi una maggioranza irresponsabile che non si rendeva nemmeno conto dei numeri che c'erano in Parlamentoe che impedivano azioni di ampio respiro. Già un programma di 281 pagine sta a testimoniare quanta poca coesione ci fosse allora.
Veramente ridicoli Giordano e Boselli che accusano Veltroni di aver consegnato l'Italia a Berlusconi. Son loro, con la loro miopia politica ad aver reso impossibile una efficace azione di governo puntualmente pagata alle urne. Di una comicità incredibile poi le affermazioni da loro fatte sulla necessità di ripensare la sinistra italiana e di riunire i progressismi, cosa che il Pd ha iniziato a fare da parecchio tempo ormai e su cui ha trovato sempre la porta chiusa in faccia da quei partiti gelosi dei loro simboli e della loro storia. Sono un po' tardi. Voglio vedere che riusciranno a fare, già Diliberto dice che bisogna ripartire dalla falce e martello. Non è sicuramente un buon inizio.
Mi fa piacere che gli italiani abbiamo capito dove stanno le responsabilità di tutto quanto avvenuto e abbiano deciso di affidarsi a quella che può essere l'unica sinistra di governo in Italia, ossia il Pd. In questa campagna mi son riscoperto molto più veltroniano di quanto lo sia mai stato. Ho ammirato l'enorme sforzo fisico compiuto da un uomo che ha girato in lungo e largo tutta l'Italia, che ha saputo imporre i temi in campagna elettorale, che ha sfidato Berlusconi nel suo campo, ossia quello della comunicazione, e ha tenuto ampiamente botta. Ancora di più mi sento in linea con lui quando propone da forza di opposizione il governo ombra, così come avviene in Gran Bretagna, la vera patria della democrazia e dei diritti civili.
Si può fare, perché questo partito e questo progetto ha messo la sua ancora a sinistra e gli rimane ora solamente da conquistare il centro per vincere le elezioni, lì dove non ha sfondato per responsabilità del precedente governo. Usando la stessa metafora nautica, scialuppe di esplorazione dovranno muoversi alla ricerca del centro con la nave maestra ben salda a sinistra. Bisogna insomma capire perché questo non è avvenuto. Gli avversari e anche qualche membro interno del partito, dicono che il Pd è una Dc che guarda a sinistra. E' una visione che appartiene al passato della Prima Repubblica. Nella Terza Repubblica che va costruendosi grazie alle scelte coraggiose del Pd e di Veltroni, il nuovo partito sarà una forza di sinistra con lo sguardo sempre ben rivolto al centro, così come avviene in tutti i sistemi partitici bipolari. Com'è che si dice? Scacco matto!


martedì 15 aprile 2008

I prossimi cinque anni

E' chiaro che ci sarà una maggioranza netta anche al Senato e quindi il prossimo sarà un governo Berlusconi. Il terzo. Chi potrà contrastarlo?
L'unica forza di opposizione rimasta è ormai il Partito Democratico che dovrà assumersi quest' onere, ma dovrà farlo con responsabilità e negli interessi del paese. Trovo il risultato del Pd più che ottimo e nelle attese. Francamente non si poteva fare di più. Mi aspettavo, a essere onesto, una sorpresa, e la sorpresa c'è stata. Una Sinistra Arcobaleno che non riesce a ottenere neanche un seggio è veramente sconvolgente nel quadro politico uscito dalle nuove elezioni. Bertinotti si ritira e dice che si deve continuare nella costruzione di un soggetto politico che riunisca i progressismi presenti in Italia. Ma a me sembra palese che quello lo stia già facendo, e molto meglio, il Partito Democratico. Si ritira anche Boselli. De Mita che ha cambiato casacca per un posto al sole, pure lui non riesce ad entrare in parlamento. Dopo Mastella l' Italia continua a liberarsi della sua spazzatura. Gli italiani hanno scelto con il loro voto di avallare la "vocazione maggioritaria" dei partiti. E io credo che abbiano anche individuato chiaramente dove stanno le responsabilità dell'ultimo governo Prodi.
Il Pd ha assorbito i voti di sinistra ma non è riuscito a sfondare al centro non per colpa di Romano Prodi, ma a causa dell'inefficienza del suo governo e della coalizione che l'appoggiava. Queste responsabilità hanno infine pesato sul risultato elettorale dove Veltroni ha fatto l'impossibile. Spetta quindi al Partito Democratico rappresentare i lavoratori e le fasce deboli della società, i giovani, le donne; operare per la costruzione di un'Italia moderna legata a un' idea di società fondata sulla legalità. In questo dovrà per forza cercare di collaborare con la maggioranza e incidere là dove può incidere. Ora che il quadro si è ben definito si può cominciare a fare politica vera anche nella definizione più dettagliata di questo nuovo partito.

giovedì 10 aprile 2008

Parte la corsa alle poltrone

Stamattina, come mi capita spesso, guardavo la Tv su LA7: era presente Berlusconi che sfoggiava tutte le sue arti seduttive alla conquista dell'elettore medio. Di fronte aveva un paio di giornalisti che rivolgevano domande al fulmicotone. Tra questi vi era tale Oscar Giannino, penna prediletta di Libero, e come tale ossequente al cavaliere. Tanto ché gli rivolge una domanda che è un assist per lo psiconano. Gli permette di parlare della sua famiglia e di puntare diretto all'uomo qualunque. Già qui mi deprimo a pensare al ruolo avvilente della stampa contemporanea, nata come cane da guardia del potere e, istituzionalizzatasi, ridotta ormai a semplice ciambellano di corte. I giornalisti ormai fanno domande a richiesta mentre nel loro ruolo dovrebbero comportarsi come un plotone di esecuzione pronto a castigare l'intervistato.
Ma il botto arriva quando Berlusconi afferma che per dare la presidenza di una della camere al Pd in caso di una sua vittoria, si dovrebbe prima dimettere il Presidente della Repubblica. Solita sortita berlusconiana, la solita fesseria che ormai mi fa sorridere. E' una battuta con cui Berlusconi cerca di nascondere le difficoltà che ha all'interno del suo partito, dove la caccia per un posto al sole è partita in anticipo. I pretendenti sono così tanti che non si può lasciare agli avversari nessuna poltrona, proprio come dovette fare Prodi nel 2006. Ma la stampa e, cosa ancora più triste, i suoi avversari politici hanno ripreso la dichiarazione e lanciato accuse. In questo modo non hanno fatto altro che fargli ulteriore pubblicità e gli hanno offerto ulteriori pretesti per dipingersi come vittima. Un pugile suonato tenuto in piedi dai suoi avversari. Gli argomenti son sempre gli stessi e proprio poco fa ho saputo che l'acquisto di Ronaldinho verrà annunciato domenica per ovvi motivi. Questa è l'Italia berlusconiana.

sabato 5 aprile 2008

Noi, Vescovi di Sicilia

Meno otto alle elezioni. Si vota anche per il rinnovo del consiglio regionale in Sicilia, una terra martoriata dalle cosche mafiose. Non mancano le interconnessioni del potere istituzionale con le cosche tanto che si va al voto proprio per le dimissioni di Totò Cuffaro, condannato a cinque anni per favoreggiamento. Nonostante ciò si presenta alle politiche per un posto sicuro al Senato e alla presidenza della Regione Sicilia si candida il suo erede Raffaele Lombardo che ebba a dire: "Non ci piace Garibaldi, noi dobbiamo rivalutare i nostri briganti". Di fronte a queste candidature, propongo un documento pubblicato dai vescovi siciliani nel 1994, all'indomani dell'omicidio di Don Pino Puglisi da parte della mafia.


Incompatibilità della mafia con il Vangelo
«E’ nostro dovere ribadire la denuncia, altre volte espressa, circa la sua assoluta incompatibilità con il Vangelo […] Tale incompatibilità con il Vangelo è intrinseca alla mafia per se stessa, per le sue motivazioni e per le sue finalità, oltre che per i mezzi e per i metodi adoperati. La mafia appartiene, senza possibilità di eccezione, al regno dei peccato e fa dei suoi operatori altrettanti operai del Maligno».

I mafiosi sono fuori della comunione della chiesa
«Per questa ragione, tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o a essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, di essere fuori della comunione della sua Chiesa. Né potrà ritenersi escluso da questo giudizio chi, trovandosi in una delle suddette condizioni, pretendesse di coonestarla con atti esteriori di devozione o con elargizioni benefiche. Al limite, siffatte manifestazioni dovranno essere considerate strumentali e perciò false ed esse stesse peccaminose».

A un cristiano non è lecito ricorrere alla mafia per avere aiuti o vantaggi
«Per questa stessa ragione chiedere o accettare qualsiasi forma di intermediazione a persone conosciute come appartenenti o contigue alla mafia e in quanto tali, qualunque sia il vantaggio che se ne voglia o possa ricavare, si deve ritenere che rientri sempre, quanto meno indirettamente, ma non meno colpevolmente, nella fattispecie della connivenza e della collusione».

Contro la mafia la Chiesa oppone il Vangelo
«Contro questa mentalità mafiosa e contro la violenza della mafia, noi Vescovi di Sicilia intendiamo opporre, ancora una volta e più decisamente, la forza disarmata ma irriducibile dei Vangelo, una forza che è per se stessa rivolta alla persuasione, alla promozione e alla conversione delle persone, ma è nello stesso tempo intransigente nel non autorizzare sconti o ingenue transazioni per ciò che concerne il male, chiunque sia a commetterlo o a trarne profitto».

Don Puglisi nuovo modello per tutti, preti e laici
«Don Giuseppe Puglisi ha incarnato pienamente questa duplice forza del Vangelo: egli rappresenta un’indicazione per tutti noi; il modello che ne deriva per il clero di Sicilia e per ogni vero cristiano è la sfida che lanciamo a chiunque gli competa. Se questa sfida dovesse bastare a giustificare per la pastorale delle nostre Chiese la qualifica di pastorale di frontiera, noi la accettiamo, ma solo nel senso della duplice forza dei Vangelo appena rivendicato e con l'invincibile speranza di una redenzione sempre possibile per tutti che da esso ci deriva».

domenica 30 marzo 2008

Tempo di elezioni

Tempo di elezioni nel Belpaese. Si dice spesso che per vincere un elezione è fondamentale sfondare al centro perché, come insegna il teorema dell'elettore mediano, il risultato di una elezione a maggioranza coincide sempre con la volontà dell'elettore mediano.
Chi é l'elettore mediano? Ci vorrebbe un'indagine sociologica per rispondere a questa domanda ma provo a farlo da umile profano. Si può dire che oggi l'elettore mediano non ha ancora deciso per chi votare e probabilmente non ha ancora deciso se andrà a votare. Probabilmente è un pensionato, è legato ai valori tradizionali ed è vittima del carovita. Non a caso le tematiche care ai pensionati diventano campo di battaglia in campagna elettorale e i candidati se li contendono a suon di promesse.
In questi giorni sono impegnato a telefonare nelle case dei miei corregionali per meglio capire se il messaggio di Veltroni è passato, e a informarli che nei prossimi nei giorni sarà nella nostra regione per tenere i suoi comizi. E' una perdita di tempo? E' un' operazione che rischia di avere un nefasto effetto boomerang? Non credo. La storia dell'Italia bipolarista ha dimostrato che mobilitare queste persone, coinvolgerle nel dibattito politico, è fondamentale per poter riuscire a vincere le elezioni. Perché? Con un messaggio semplice e diretto puoi conquistare l'elettore mediano. Berlusconi non ha un consenso militante e radicato ma riesce a svegliare i suoi potenziali elettori da una parte mostrandosi buon padre di famiglia e dall'altra come fiero oppositore dei fantomatici comunisti. Veltroni sa bene come colpire al cuore di queste persone ed è sicuramente più amato di quanto lo fosse Prodi, a prescindere dal fatto che il suo programma venga compreso o meno. Paradossalmente a decidere sono gli indecisi e qualche telefonata a casa ricevuta direttamente "dalla segreteria di Veltroni" può avere l'effetto di convincere a mettere una croce sul simbolo del Pd il 13 aprile, coloro che decideranno di andare a votare in base alla loro voglia di farsi una passeggiata.
Nel mentre che si pensa a come mettere definitivamente in soffitta il berlusconismo si sono tenute in questi giorni le elezioni dell'aggregatore Kilombo. Ottimo risultato per Elfobruno che ottiene più del 50% dei voti, socialista e anticlericale; ma non male anche il risultato del Pieroni, su posizioni popolari, che ottiene la riconferma con 24 voti, più di quanti ne ricevette alle precedenti elezioni. Ciò fa pensare che l'elettore mediano di Kilombo è decisamente diverso da quello del nostro Paese, infatti l'età media è notevolmente più bassa (pochi sono i pensionati) e anche il livello culturale è probabilmente più alto perché già chi dedica parte del suo tempo libero alla scrittura non è sicuramente un italiano medio. Si potrebbe dire allora che Kilombo è decisamente meglio dell' Italia ed in grado di esprimere una visione migliore della società (di conseguenza lo è anche il suo giudizio), ma allora dovremmo mettere in discussione la validità e l'adeguatezza della democrazia. Con ciò voglio dire: é il popolo a doversi scegliere il suo futuro, in tutti i suoi elementi, o sono le cosidette avanguardie (come le definì Lenin) a dover assumere un ruolo guida? In realtà nell' affermazione di Lenin non vi è nulla di innovativo perché sta alla base di una visione aristocratica della società. Aristocrazia o democrazia? Un dilemma insoluto ereditato da Aristotele.
Al di là dei ragionevoli dubbi, Kilombo non è sicuramente un avanguardia in quanto incapace, non solo di avere un ruolo guida nella società (già solo a dirlo mi scappa da ridere), ma anche di organizzarsi in un sistema partecipativo che riesca a coinvolgere tutti i suoi elementi. Su più di 500 iscritti solo 100 e rotti hanno votato, su questo punto lavorerei più che su altro perché non c'è niente più di sinistra che coinvolgere direttamente nell'attività politica tutta la propria base sociale e renderla protagonista nella costruzione di qualcosa.

il cinismo è l'arte di vedere le cose per come sono,
non come dovrebbero essere.

La mia praticità consiste in questo:
nel sapere che a battere la testa contro il muro
è la testa a rompersi e non il muro

mercoledì 19 marzo 2008

Radiografia dei candidati per età e genere

Qualche giorno fa su Il Sole 24ore è stata fatta un'analisi dei candidati sui criteri di età e di genere, riporto i dati solo di quelle forze che riusciranno probabilmente ad avere rappresentanti in Parlamento.
A sinistra è più alta la percentuale di donne candidate. Per il Pd vi è un 58,1% di uomini candidati e 41,9 di donne; mentre per la Sinistra l'Arcobaleno il dato è ancora più importante con un 53,5 di uomini e 46,5 di donne candidate. I dati sono ancora incoraggianti se si analizza il dato per classi di età: la percentuale di donne candidate nella fascia di età compresa tra i 25 e 39 anni va oltre il 50% nel Pd, dato importante in chiave futura, per la formazione di classi dirigenti che sembrano proiettate verso una maggiore parità di genere(non vorrei che si arrivasse al punto di dover introdurre quote uomini). Simile questo dato anche per la Sinistra l'Arcobaleno. In difficoltà le donne nella conquista della riconferma, visto che il Pd la concede al 20,8% delle deputate uscenti e la Sinistra l'Arcobaleno al 23,9.
Nel Pdl invece la percentuale di uomini candidati è del 76,8% contro il 23,2% di donne candidate. Nell' Udc anche peggio: 82,7% di uomini candidati e un misero 17,3% di donne. Nelle classi più giovani anche il Pdl vede una maggiore percentuale di donne candidate mentre i dati rimangono simili nei candidati Udc.
In assoluto il dato peggiore in questa statistica è raggiunto dalle liste di Forza Nuova con un 13,1% di donne candidate.
Se si calcola l'età media dei candidati, la media più bassa per i candidati alla Camera si registra per la lista Sinistra Critica con un'età media di 33,17 anni, mentre la media più alta la conquista il Partito Socialista con 49,09 anni di età media. Tra le forze più grandi la media più bassa la fa registrare la Sinistra l'Arcobaleno con 44,58 anni; segue il Partito Democratico con 45,03; poi l'Udc con 48,19 e quindi il Pdl con 48,7. Più o meno simili i dati per i candidati senatori anche se ovviamente cresce l'età media dato che l'età minima per candidarsi al Senato è di 40 anni. Diminuisce anche la percentuale di candidate donna a Palazzo Madama.

martedì 18 marzo 2008

Ps: una sconfitta dalle antiche origini

Io credo che sia difficile avere un partito socialista forte in Italia dopo Craxi, responsabile storico di un sistema corrotto. L'Italia inoltre è un paese diverso dagli altri europei per la presenza del Vaticano che ha sempre avuto un ruolo molto forte nella società italiana. L'unica alternativa nell'Italia repubblicana è sempre stato il Pci che aveva poco da spartire col laicismo e la coscienza liberale del socialismo europeo. All'elezioni per l'Assemblea Costituente il Partito d'Azione, che ebbe un ruolo militare durante la Resistenza con le Brigate Giustizia e Libertà e anche solide basi teoriche nella dottrina liberalsocialista dei fratelli Rosselli, ottenne una sonora sconfitta proprio a vantaggio del Fronte Popolare (Psi-Pci)e della Dc. Forse l'assenza di un partito socialista di stampo europeo in Italia si deve proprio a errori storici fatti nel passato o da un'impossibilità effettiva, tanto che, come cantava Giorgio Gaber, "qualcuno era comunista perché l'Italia ha il peggiore Partito Socialista d'Europa" e così si è arrivati al paradosso che "qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altra Chiesa".
Neanche Garibaldi, spinto dalle masse, riuscì nell'impresa di mettere in ginocchio le istituzioni vaticane. Credo che una risposta alle ingerenze vaticane possa aversi con una forza politica organizzata che coinvolge i cattolici in un dibattito che li metta a confronto con realtà differenti e con la vita pubblica di autorità alternative al Vaticano, non a caso la prima reazione alla nascita del Regno fu il non expedit di Leone XIII.

venerdì 14 marzo 2008

Statalisti al Nord, liberisti al Sud

Il centrodestra lotta per ottenere un sostentamento pubblico per Alitalia e quindi per Malpensa e quindi per le migliaia di lavoratori del Nord ivi impiegati. Quando si parla invece dei problemi del Sud ci invitano sempre ad aprirci al mercato, a favorire gli investimenti sul nostro territorio, a deregolarizzare(per permettere ai capitali settentrionali di investire ovviamente).
Ma se invece pensiamo a noi stessi? Che succede? Esempio può essere la scelta di Soru in Sardegna con la cosidetta tassa sul lusso, combattuta dai settentrionali che non volevano pagare una tassa a quei pecorari dei sardi. "Investite sulle infrastrutture, create servizi" " non è giusto far pagare una tassa facendo discriminazione tra sardi e non sardi" ci dicevano. E noi "sì, ma questa tassa serve proprio per recepire quei fondi necessari agli investimenti". E la Corte Costituzionale bocciò la legge avallando una logica colonialista.
Intanto la Sardegna, dopo 150 anni di unità, continua a non avere una autostrada e un servizio ferroviario che garantisca di muoverci facilmente all'interno dell'isola e se non fossimo riusciti a liberarci di quel peso morto di Alitalia viaggiare nel continente sarebbe ancora troppo costoso(basti pensare che ancora oggi costa meno viaggiare dagli aeroporti sardi verso le capitali europee che verso il resto d'Italia). La privatizzata Trenitalia intanto rinvia la sopressione della tratta Golfo Aranci - Civitavecchia, fondamentale per lo sviluppo dell'isola e per alcune sue aziende (Keller), deciso per il 1° aprile ma spostato al 30 giugno, probabilmente per motivi elettorali. La tratta non porta utili.
E in Padania chiedono aiuti di Stato. I sardi son pochi e portano pochi voti.

venerdì 7 marzo 2008

Stop alla globalizzazione

Qualche giorno fa Berlusconi ha parlato della necessità di salvaguardare Alitalia e ieri Giulio Tremonti, ministro dell' Economia del suo governo e quindi pezzo grosso tra i suoi consiglieri economici, ha definito la globalizzazione una pazzia di presunte menti illuminate.
Due esponenti della destra liberista italiana criticano gli effetti della globalizzazione, conseguenza della crisi che attraversa nel mondo l'ideologia fondamentalista del libero mercato. Anche negli Stati Uniti, patria di questa ideologia, i candidati democratici e repubblicani riprendono a parlare della necessità di rafforzare lo stato sociale.
Recentemente ho letto Shock Economy - Il capitalismo dei disastri: un analisi storica e documentata di tutti gli eventi che hanno segnato l'ascesa di questa ideologia. Nata nell'Università di Chicago negli anni '50 ha trovato subito il suo capofila e la sua icona in Milton Friedman con la sua opera Capitalismo e libertà. I fondamentalisti del libero mercato hanno diffuso nel mondo la convinzione che un mercato lasciato a sé stesso possa raggiungere la piena allocazione delle risorse e propagare la ricchezza in tutto il mondo. Libero mercato come realizzazione della democrazia in campo economico. Principi cardine di questa dottrina sono l'apertura verso i capitali esteri e la riduzione costante della spesa pubblica e dello stato sociale in netta opposizione alle teorie economiche keynesiane trionfanti nel secondo dopoguerra.
L'autrice, Naomi Klein, racconta come queste teorie abbiano trovato una loro prima applicazione pratica nel Cile di Pinochet negli anni Settanta e sono state imposte con una dura repressione e la perdita delle libertà democratiche. Poi anche in Argentina e in Bolivia il fondamentalismo liberista ha trovato spazio ma è sempre stato contrastato dalla popolazione e imposto con la forza. Quindi negli anni Ottanta ha avuto spazio in patria con Reagan e in Gran Bretagna con Margaret Thatcher. Da allora il virus liberista si è diffuso nel mondo attraverso il lavoro di istituzione finanziarie internazionali come l'FMI e la Banca Mondiale che si sono piegate alla nuova dottrina. Ogni crisi politica nel mondo è stata sfruttata per favorire l'ingresso di capitali stranieri in economie e sistemi sociali deboli. In Polonia, in Russia, in Sudafrica, in Cina le risorse locali sono diventate una fonte di arricchimento soprattutto per imprenditori stranieri a parte il caso della Russia dove un immenso patrimonio industriale creato con fondi pubblici è diventato proprietà privata di una ristretta elitè. In questa ascesa l'apogeo è stato raggiunto in Iraq dove i servizi essenziali(acqua, gas, poste, edilizia)sono stati interamente gestiti da imprese private occidentali spesso con personale importato. In tutti questi paesi la ricchezza prodotta ha riempito le tasche delle multinazionali e non ha avuto il merito di contribuire al benessere economico della popolazione. Anche in Europa si è scelta questa strada allargando in maniera precipitosa la nuova Unione semplicemente per favorire la circolazione dei capitali e permettere alle aziende dei paesi industrializzati di investire in paesi a basso costo di manodopera.
Oggi gli effetti di questa politica scellerata si fanno sentire con un progressivo impoverimento delle fasce sociali più deboli in tutto il mondo. Economisiti come Soros e Stiglitz criticano aspramente la linea delle istituzioni finanziarie internazionali e spingono per favorire la creazione di un sistema di sviluppo locale nei paesi poveri prima di aprire i loro mercati al resto mondo, proprio come avvenne in Italia che senza le sue barriere protezionistiche non avrebbe mai potuto sviluppare un sistema industriale in grado di competere con il resto d'Europa. Nel mondo occidentale cresce la spinta migratoria delle popolazioni povere del mondo e si indebolisce lo stato sociale in nome di una competitività con i mercati emergenti dove la protezione sindacale è minima. Anche le destre di tutto il mondo mettono in discussione l'efficacia di una globalizzazione che è l'affermazione di un sistema corporativo a sostegno dei capitali internazionali; in Italia cresce un movimento che chiede di tornare a una gestione pubblica dell'acqua, negli Stati Uniti si chiede un intervento pubblico per risolvere l'emergenza sanitaria e gli inglesi esprimono ammirazione per il Sistema Sanitario Nazionale del nostro paese. E' necessaria una nuova politica a livello internazionale che permetta di conservare i diritti acquisiti nel mondo industrializzato e permetta ai paesi in via di sviluppo di crescere soprattutto in termini di benessere generale e non solo di prodotto interno lordoe di competitività internazionale.
Il popolo di Genova bistratto e umiliato aveva ragione; un altro mondo non solo è possibile ma è anche necessario.

domenica 2 marzo 2008

Dio è potere

Le gerarchie vaticane sono molto attive nel corso di questa campagna elettorale e sembrano avere come principale obiettivo quello di erogare l'elettorato cattolico del Pd e di spezzare il percorso verso una coscienza critica della comunità dei fedeli.
La Santa Sede ha sempre avuto una naturale vocazione per le forze politiche autoritarie o conservatrici. Appoggiò il regime fascista e nell'Italia repubblicana ha sempre spinto per alleanze della Dc con i partiti di destra pur di non cedere all'avanzamento delle forze progressiste. Per tener fede a questa tradizione, in questo primo scorcio di campagna elettorale Dino Boffo, il direttore di Avvenire, sostiene la necessità dell'esistenza di una forza politica di tradizione cristiana, poi scatena una dura reprimenda nei confronti di Veltroni che candida Umberto Veronesi e apre le porte ai radicali. Arrivano anche le accuse di Famiglia Cristiana secondo cui "questo Pd è un pasticcio veltroniano in salsa pannelliana" e sempre Boffo invita Ferrara a desistere "nella sua lodevole iniziativa che rischia di sottrare voti a liste storicamente già affermate, dove la presenza dei cattolici è collaudata". Da non dimenticare poi l'intervento a gamba tesa di qualche settimana fa di Ratzinger che denunciò il "degrado in cui versa la città di Roma".
Stavolta mi pare innegabile che vi sia una precisa strategia politica, una netta ingerenza di un gruppo di potere sostenuto con fondi pubblici nella vita politica repubblicana. Un istituzione con un ordine autoritario cerca di esercitare potere in un' altra istituzione a ordinamento democratico e pare aver fatto una scelta precisa verso quelle forze politiche che sostengono soluzioni autoritarie e il controllo coatto della masse.
Il Vaticano appare spaventato dalla scelta che oggi il sistema politico sta imponendo agli elettori, e quindi anche ai cattolici, tra due candidati che sembrano non avere intenzione di prendere ordini da Oltretevere. Il 13 aprile potrebbe segnare l'inizio di una nuova stagione nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa e di un periodo di irrilevanza per il cattolicismo. Quasi si rimpiange il Partito Comunista.
Noi siamo i sacerdoti del potere. Dio è potere.
Fino a questo momento per te potere è solo una parola
ma è bene che adesso ti faccia un'idea più precisa
di che cosa sia veramente.
(...)Il potere è il potere sugli esseri umani:
sul corpo, ma soprattutto sulla mente.

sabato 23 febbraio 2008

La Sardegna come il Kosovo

Il paragone è stato fatto qualche giorno fa dall'europarlamentare delle Lega Mario Borghezio, il quale ha sostenuto che il Kosovo sarà un esempio da imitare per Corsica, Paesi Baschi, Catalogna, Irlanda, Sardegna e ovviamente Padania.
Tutti i popoli citati da Borghezio (a parte i padani) secondo alcuni storici hanno una comune origine nei Shardana, che lasciarono il segno nella storia per la loro resistenza alla dominazione straniera. Dopo questo piccolo inciso, mi viene da chiedermi cosa accadrebbe se la Sardegna, tutta la sua classe politica e il suo popolo tramite referendum si esprimesse per l'indipendenza. Roma avrebbe il coraggio e l'arroganza di opporsi? Non sarebbe questo atto una violazione del principio di autodeterminazione dei popoli sancito dall'art. 51 della Carta Onu?
La situazione non è sicuramente tale in Sardegna né in tutte le altre zone geografiche citate da Borghezio, ma tale è invece in Kosovo. Il sentimento autonomista dei sardi, oltre che avere origine antiche nei Shardana e applicazione pratica con i Giudicati nel medioevo e fino ad oggi in Barbagia dove non è mai stata accettata la legge dello straniero, ha avuto una prima espressione partitica con il Psd'Az all'indomani della Prima Guerra Mondiale. Fu fondata dai reduci della Brigata Sassari che usciti dall'isola si resero conto di quanto i problemi dei sardi fossero ignorati dalla madrepatria. Il Psd' Az ottenne risultati clamorosi(in certe zone anche più del 30%), fu l'utlima forza politica a cedere al fascismo, espresse parlamentari e riuscì ad ottenere nel secondo dopoguerra l'autonomia per la Sardegna. Negli anni '80 ci fu una ripresa dei sentimenti autonomistici tanto che il Psd' Az ebbe anche la Presidenza della Regione con Mario Melis, poi la flessione conclusasi con una diaspora dei sardisti in diversi gruppi: Sardigna Natzione, Fortza Paris, Indipendentzia de sa Repubrica de Sardigna e ovviamente l'intramontabile Psd' Az che è sopravvissuto al fascismo, alla guerra fredda, a tangentopoli e alla Prima Repubblica. Oggi nuovamente sono forti i sentimenti autonomistici in una terra che sembra diventata una Gomorra per i vip del continente. Non a caso Soru ha fatto una bandiera di questi sentimenti, ma la recente sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittima la cosiddetta "tassa sul lusso" perché impone un regime fiscale che discrimina tra sardi e italiani non sardi, ha messo ancora una volta in evidenza la condizione di servitù che soffre l'isola nei confronti del continente. E se i sardi volessero l' autorità per imporre le proprie tasse e le proprie leggi, Roma avrebbe il diritto di negare questa scelta? Perché Venezia può far pagare gli ingressi ai turisti e la Sardegna non può? Si teme il precedente?
La situazione non è così drammatica in Sardegna ma altrettanto non si può dire per il Kosovo. Un popolo che negli ultimi vent'anni è stato vittima di una repressione fisica da uno Stato che ha sempre concepito la Jugoslavia come un estensione del suo dominio, una piemontesizzazione della penisola balcanica. Oggi chiede di poter essere artefice del proprio destino, di potersi autodeterminare, chiede un diritto innegabile. La Serbia è la responsabile di questa divisione in quanto non è stata capace di tutelare le autonomie e i serbi con le loro responsabilità storiche non hanno nessun diritto di avanzare pretese e di mettere il broncio alla comunità internazionale.
Se tutto ciò vorrà dire rinfocolare le pretese autonomistiche nel resto d'Europa ne sarò lieto perché da liberale credo nella decentralizzazione del potere e nell'autodeterminazione dei popoli.

giovedì 21 febbraio 2008

Il festival delle cazzate

Tale è ormai la campagna elettorale in Italia. Forse è anche dettato dai tempi ma si cerca ormai di convicere gli elettori promettendo cose che probabilmente non si potranno realizzare oppure esaltando sé stessi senza nessun fondamento o peggio ancora attaccando gli altri con motivazioni pretestuose. Per questo attendo che questa fase passi per poter parlare finalmente di politica vera al servizio degli elettori e non degli eletti.
Naturalmente non vivo in un altro mondo e seguo le proposte dei candidati in un alternarsi di emozioni. Berlusconi ormai mi genera un'assoluta indifferenza, Casini conati di vomito, Veltroni speranza e Bertinotti passione. Incredibile come tutto questo terremoto politico sia stato determinato dalla Nascita del Pd.
Il cambiamento prima di tutto c'è stato in casa dove è possibile esprimere una leadership autorevole e rappresentativa grazie allo strumento delle primarie. Poi nella sinistra dove si è innescato un meccanismo di aggregazione che ha portato alla formazione di due forze politiche che rappresentano l'una la sinistra riformista e liberale, l'altra la sinistra socialista e critica. Dall'altra parte la nascita del Pd ha portato alla rottura definitiva tra la cultura liberista e autoritaria e la cultura conservatrice e cristiana delle destre. Così il popolo della destra e della sinistra potranno sentirsi rappresentati e spetterà invece alle forze moderate del Pd e del polo bianco il compito di tessere il dialogo e quando sarà necessario anche rompere gli schieramenti in nome dell'unità del popolo. Berlusconi rischia di essere tritato tra Casini, che tenderà sempre di più a marcare le distanze, e Fini, che grazie alla maggiore formazione politica dei suoi colonelli saprà prendere le redini del neonato Pdl. Le parole di Veltroni mi son finora piaciute, tese alla rinconciliazione nazionale, alla costruzione di qualcosa, ma anche quelle di ieri di Bertinotti che ha marcato le deficienze del libero mercato riferendosi alle critiche di Joseph Stiglitz, un economista keynesiano, non certo un marxista. In questo quadro gli elettori potranno scegliere con più chiarezza e sarà possibile delineare politiche di governo adatte alla situazione odierna. La speranza è che nella prossima legislatura queste forze politiche collaborino per stabilizzare questo quadro.

mercoledì 20 febbraio 2008

Storia di un Onorevole

Nuove elezioni a metà aprile e scatta la rissa per ottenere un posto da candidato, possibilmente nelle prime posizioni. Ma cosa genera questa corsa alle poltrone? Responsabilità? Bisogno di rappresentare un parte degli italiani e un' idea di società? Senso del dovere?
E' forte in Italia il sentimento cosidetto di "antipolitica" ma non saremo onesti con noi stessi se non ammetessimo che l'invidia gioca una parte importante nel nostro risentimento. Racconto quindi una storia che ho udito di recente che meglio spiega cosa voglia dire diventare Onorevole.


Io e signor X ci conoscevamo ormai da parecchio tempo. Tra noi c'era un rapporto di profonda amicizia tanto che mi raccontava anche i suoi problemi personali. Signor X lavorava come impiegato in un ufficio pubblico ma la sua paga era umile, non gli permetteva di comprarsi una casa per sé e sua moglie; così viveva a casa dei suoceri in un clima di conflitto quotidiano. Non riusciva a immaginare il futuro come un giorno migliore.
Ma sapeva che prima o poi la ruota sarebbe girata così ottenne la candidatura alla Camera dei Deputati nell' anno xxxx con una lista a carattere regionale. Per fortuna il vento soffiò dalla sua parte e riuscì a diventare onorevole, ma ancora non sapeva cosa lo aspettasse.
Si insediò a fine novembre e sul finire dell'anno ricevette la sua prima busta paga. La aprì con soddisfazione e ottenne un'incredibile sorpresa. All'interno della busta vi era un ulteriore assegno di 28 milioni(di lire, ndb). Preoccupato si recò allo sportello bancario e al momento di incassare informò l'impiegato che vi era un errore.
"Nessun errore" replicò l'impiegato"è la sua tredicesima"
"Ma non mi spetta! Ho fatto solo dicembre! Ci deve essere uno sbaglio!"
"Nessuno sbaglio, Le spetta tutta intera, come se avesse fatto tutto l'anno"
"E adesso io come faccio? Non so dove metterli tutti questi soldi! Non ne ho mai avuti così tanti!"
"Può aprire un conto, possiamo garantirgli un finanziamento fino a 500 milioni"
L'onorevole X tornò a casa scioccato, non se la sentì nemmeno di accenare qualcosa a sua moglie. Passò la notte insonne, sconvolto dal veloce cambiamento della sua vita. Il giorno dopo andò a farsi un giro fuori città e individuò un terreno di 10 ettari con la scritta vendesi.
Si recò dopo qualche giorno allo stesso sportello bancario e fece domanda per un prestito di 300 milioni. L'impiegato annoiato disse:"Ma si prenda 500 milioni tanto se si fa tutta la legislatura ne avanzano pure".

L'onorevole X la legislatura la fece la fece tutta e riuscì anche a farsi eleggere al Senato alle politiche successive. Dopo qualche tempo l'ho incontrato. Un volto rubicondo e un sorriso smagliante. Oggi vive in un enorme casa, un vasto terreno popolato da animali a cui bada personalmente. Lui e suo suocero sono ormai pappa e ciccia. I figli sistemati. "Ti serve qualcosa? Hai bisogno di una mano?" mi chiese. "No, no, grazie, son contento per te!".



Qual'è la morale di questa storia? La morale è che ci sono veramente poche persone che direbbero di no a tutto questo. Pensare che tutti i problemi stiano nella nostra classe politica è fuorviante. Pensare che i politici siano immuni dai vizi dell'uomo è un' utopia. Se chi fa politica pensa solo a sé stesso probabilmente ciò avviene perché il cittadino per primo pensa solo a sé stesso. Come disse qualcuno poco tempo fa: "La nostra società non è poi tanto migliore della nostra politica"


P.s. "Ogni riferimento a persone e fatti realmenti accaduti è puramente casuale"

giovedì 14 febbraio 2008

Società

Società


E' un mistero per me
Abbiamo un'avidità, ma che abbiamo accettato
Pensi di dover volere più di quello di cui hai bisogno
Finchè non hai tutto non sarai libero
Società, sei una razza folle. Spero che tu non sia sola, senza di me
Quando vuoi più di quello che hai, pensi di avere bisogno
Quando pensi più di quello che vuoi, i tuoi pensieri cominciano a svuotarsi
Penso di dover trovare un posto più grande
Perchè quando hai più di quello che pensi, hai bisogno di più spazio
Società, sei una razza folle
Spero che tu non sia sola, senza di me
Società, davvero folle
Spero che tu non sia sola, senza di me
Ci sono quelli che pensano, più o meno, meno è di più
Ma se meno è di più, come fai a tenere il punteggio?
Significa che per ogni punto che fai scendi di livello
E' un po' come cominciare dalla cima
E non puoi farlo
Società, sei una razza folle
Spero che tu non sia sola, senza di me
Società, davvero folle
Spero che tu non sia sola, senza di me
Società, abbi pietà di me
Spero che tu non ti arrabbi, se non sono d'accordo
Società, davvero folle
Spero che tu non sia sola
Senza di me...




Society


It's a mystery to me
We have a greed, with which we have agreed
And you think you have to want more than you need
Until you have it all, you won't be free
Society, you're a crazy breed
Hope you're not lonely, without me
When you want more than you have, you think you need
When you think more than you want, your thoughts begin to bleed
I think i need to find a bigger place
When you have more than you think, you need more space
Society, you're a crazy breed
Hope you're not lonely, without me
Society, crazy indeed
Hope you're not lonely, without me
It's those thinking more less, less is more
But if less is more, how you keepin' score?
It means for every point you make your level drops
Kinda like you're startin' from the top
And you can't do that
Society, you're a crazy breed
I hope you're not lonely, without me
Society, crazy indeed
Hope you're not lonely, without me
Society, have mercy on me
I hope you're not angry, if i disagree
Society, crazy indeed
Hope you're not lonely

martedì 12 febbraio 2008

Partito Democratico, Ulivo 2.0

Di fronte alle critiche di chi ritiene il Partito Democratico un tradimento dell' Ulivo mi sento di dire alcune cose.
Il Pd è un' evoluzione dell' Ulivo, un Ulivo 2.0 appunto. Lo dimostra la presenza tra le sue file degli ulivisti più convinti come Prodi, Fassino e lo stesso Veltroni. L' Ulivo non è stato in grado di portare avanti il suo progetto di organizzazione delle forze politiche progressiste presenti in Italia, é rimasto un cartello elettorale ed ha fallito come soggetto politico. Questo per via di responsabilità personali di alcuni come D'Alema, che nel '98 picconò il governo e la coalizione pur di diventare Presidente del Consiglio ma forse anche perché non completamente convinto della strada intrapresa. Poi ci sono responsabilità di alcuni partiti come i Verdi che, anziché sostenere costantemente L'Ulivo, hanno preferito appiattirsi sulle posizione della sinistra massimalista perché in questo modo credevano di avere maggiore peso nel quadro politico. I Socialisti di Boselli invece hanno sempre remato contro presi dalla nostalgia, nella speranza vana che l'anacronistico Psi potesse tornare alla gloria di un tempo; così successivamente a poco convinti approcci nelle liste comuni con Margherita e Ds nel 2004 (a cui posero peraltro il veto all'ingresso di Di Pietro) hanno deciso di riciclare sé stessi e da veri sciacalli di aggredire il Pd nei suoi punti deboli. I Comunisti invece di questo progetto politico non hanno voluto far parte sin dalle origini e coerentemente vi hanno lavorato contro; prima contribuendo alla fine del governo Prodi nel '98 poi cercando di attirare sulle loro posizioni i Verdi e parte dei Ds. Da non tenere in considerazione invece radicali e Udeur che solo per convenienza hanno scelta di far parte del centrosinistra.
L'Ulivo ha fallito perché non è stato in grado di realizzare i suoi propositi a causa degli eccessivi ostacoli incontrati nel suo cammino. Prodi è riuscito a resuscitare questo progetto con la creazione della lista I Democratici e a elaborare una seconda fase con la costituzione di un vero e proprio partito. Un partito che non ha nei suoi propositi, come credono alcune sue componenti (i popolari), quello di essere un blocco monolitico e rappresentare un' unica cultura politica. Mira invece a raggruppare tutte le culture politiche progressiste presenti in Italia e a organizzarle in modo da poter esprimere una leadership autorevole in un sistema di comunicazione molto veloce e indisponibile a scendere nei particolari (lo Statuto infatti concede agli aderenti la possibilità di organizzarsi in associazioni all'interno del partito per portare avanti convicimenti e posizioni particolari). In queste condizioni il maanchismo di Veltroni è assolutamente necessario e funzionale alla costruzione di un partito che mira a ottenere il 40% dei suffragi(il mondo è bello perché è vario).
Il Partito Democratico non si pone l'obiettivo di uniformare l'opinione pubblica ma semplicemente di rappresentarla; é cioè un passo in avanti e speriamo la fase conclusiva in quell'azione di riforma della politica che ebbe inizio nel 1995; e soprattutto è un partito di centrosinistra (volutamente senza trattino).

domenica 10 febbraio 2008

Popolo delle libertà

Già dal nome si comprende la sua natura malsana. L'idea che esista un popolo delle libertà è un'idea scissionista, eversiva e direi pure leninista. E' il cosidetto popolo delle partite IVA che si pone in opposizione all' idea di comunità, che lotta per smantellare lo stato sociale e per porsi al di fuori della comunità in una alienazione e estrema individualizzazione di sé stessi.
Non può esistere un popolo della libertà perché per esserci un popolo deve esserci un territorio e una sovranità, indi esiste un solo popolo italiano; un solo Stato, la Repubblica Italiana, e una sola nazione: l'Italia.
In un sistema democratico dove la libertà si esercita proponendo un' idea di organizzazione sociale, politica ed economica, è legittimo che si formino diversi gruppi organizzati che sostengono progetti alternativi e che il popolo li scelga in nome dell'interesse generale. Questi gruppi non sono popoli ma solo partiti. Un'organizzazione politica che si definisce partito riconosce di essere espressione di una parte del paese ma all'interno di un corpus unico di cui orgogliosamente fa parte e di cui accetta le scelte. Un'organizzazione politica che si definisce popolo è invece un elemento destabilizzante che mina le fondamenta comuni di una nazione e che ha come unico obiettivo tutelare i suoi particolari interessi.
Era il movimento operaio a parlare di popolo nel popolo per difendere i diritti dei lavoratori, curioso che oggi siano gli anticomunisti a sentirsi vittime dello Stato e ad alimentare il conflitto sociale.

lunedì 28 gennaio 2008

Tre buone notizie

Ieri, domenica 27 gennaio 2008, tre buone notizie:
  1. La Rai si ricorda di essere una rete di servizio pubblico e dedica l'intera puntata di Domenica In al Giorno della Memoria.
  2. Barack Obama vince in maniera schiacciante le primarie in South Carolina e ottiene l'appoggio della famiglia Kennedy, che lo dichiara erede spirituale di JFK. Le accuse di Bill Clinton non pagano, anzi hanno l'effetto opposto. Un'altra controtendenza - rispetto alla storia recente USA - importante emersa in questa campagna per le primarie.
  3. Il Cagliari finalmente ha un po'(molto di più veramente) di fortuna e riesce a ribaltare il risultato nei minuti di recupero.

domenica 27 gennaio 2008

Commemorazione dell' Olocausto




Kilombo sceglie di dedicare il giorno di commemorazione dell' Olocausto alle vittime omosessuali. Per non dimenticare.

venerdì 25 gennaio 2008

Prodi cade in piedi: elogio funebre e sguardo al futuro

Aver portato la crisi nelle aule parlamentari è una nota di merito per Romano Prodi. In un momento difficile e di fronte a una sconfitta annunciata ha dato all' Italia un'immagine di serietà sulla linea dello slogan che lo ha portato a vincere appena 20 mesi fa. Romano Prodi ha resistito strenuamente alle tensioni di una maggioranza troppo eterogenea dove i suoi alleati si lanciavano insulti e accuse un giorno sì e l'altro pure. E' riuscito a tenerli insieme e a governare, a fare qualcosa di buono per l' Italia ma ancora una volta non è riuscito a portare a termine il suo lavoro. La fine di Prodi indica la fine di una fase politica incentrata sullo sconto tra antiberlusconiani e anticomunisti, una fase dove si cerca di imbarcare più alleati possibili allo scopo di sconfiggere l'avversario. Come dice il Ministro Ferrero "il governo non è un fine ma un mezzo" e per incidere sulla società italiana non è necessario stare al governo come dimostra la storia del Partito Comunista Italiano che mai stette al governo ma difficilmente si può sostenere che non ebbe un ruolo nella costruzione della moderna democrazia. E' la fine di un modello politico che si può definire prodismo, è una fine che ha un valore storico.
Da oggi bisogna lavorare per il domani e mettersi alle spalle il passato. Bisogna completare la transizione iniziata con Tangentopoli che ha decretato la fine della Prima Repubblica. La Seconda Repubblica non è stata capace di perdere i vizi del passato e non ha offerto ai cittadini le risposte che volevano. E' necessario avviare una fase politica volta alla costruzione di una Terza Repubblica.
Si parla tanto della necessità di prolungare questa legislatura al fine di consentire la promulgazione di una legge elettorale o quantomeno che consenta ai cittadini la possibilità di esprimersi con il Referendum. Le riforme son possibili solo se se ne fanno protagoniste le principali forze politiche di questo paese, ossia Pd e Forza Italia. Ovviamente maggiore è il consenso attorno a una riforma, maggiore è la stabilità che è in grado di offrire, ma non si possono pensare accordi che resistano al tempo senza queste due forze. Altrimenti meglio il referendum.
Se ciò non si avverasse tutte le forze politiche dovranno lavorare per prepararsi a nuove elezioni in uno scenario politico in movimento. Mi auguro che Veltroni sappia tenere fede alle sue parole e non si faccia intimidire dalle critiche che gli piovono addosso in questi giorni. E' vero che le sue dichiarazioni sono causa della fine di questo governo e sono state inopportune, intempestive. Ma è anche vero che rappresentano il progetto politico, l'aspirazione del nuovo Partito: ridurre la frammentazione e presentare agli elettori un programma coerente di governo.
Se Veltroni tenesse fede alle sue parole, se queste fossero un espressione di principio e non un atto di arroganza, allora il Pd correrebbe da solo e genererebbe processi incontrovertibili. La "cosa rossa" non potrebbe anch'essa che presentarsi da sola con un proprio candidato visto che non avrebbe niente da guadagnare da ulteriori alleanze. Si potrebbe costituire anche una "cosa bianca" che raccolga gli scontenti dell'Udc, probabilmente l'Udeur e tutti i moderati antiberlusconiani. Ci sarebbe poi il cartello berlusconiano con An, Fi e Lega. Le altre piccole forze scomparirebbero a meno che non trovassero asilo in qualche altra formazione. Per Di Pietro e Boselli la vedo dura perché niente hanno da spartire con la "cosa rossa" e non gli rimarrebbe che scomparire o farsi inglobare nel Pd. Gli effetti del referendum così si realizzerebbero da sé. Il Partito Democratico non deve avere paura di andare all'opposizione perché suo obiettivo non è andare al governo ma cambiare questo paese.

In questo scenario non è così scontato il ritorno di Berlusconi. Il Pd è l'unica forza che si proporrebbe agli elettori come partito, quindi che offrirebbe maggiori garanzie e credibilità nella realizzazione del suo programma che si deve realizzare sostanzialmente in:

  • riforme istituzionali con il rafforzamento e l'elezione diretta del premier
  • riforma elettorale per un doppio turno alla francese
  • perseguimento di un opera di risanamento dei conti pubblici
  • ripresa delle politiche redistributive con riduzione delle tasse per i meno abbienti e politiche per la casa e le famiglie
  • democratizzazione del sistema radiotelevisivo e delle comunicazioni
  • politica estera euromediterranea e europeista
  • apertura verso le novità scientifiche e la società civile

Il Partito Democratico deve essere una forza di sinistra che guarda al centro come avviene in tutti i sistemi bipolari che si basano sull'alternanza. Il perseguimento di una politica prodiana. Il superamento di una fase storica e politica. Oggi è già domani.

martedì 22 gennaio 2008

Troppa apertura nel Pd

Come uno dei 3,5 milioni di votanti alle primarie del 14 ottobre e come futuro aderente e quindi potenziale candidato mi è venuto da chiedermi cosa diavolo ci facesse Giuliano Ferrara l' Ateo Devoto alle riunioni della Commissione Manifesto dei Valori e per quale stramaledetto motivo abbia avuto l'opportunità di dire la sua a differenza non solo degli elettori, ma anche degli eletti all' Assemblea Costituente. Qualche motivazione la dà Marco Travaglio in un articolo sull' Espresso che riportò qua sotto:

Lo smemorato della 194
DI MARCO TRAVAGLIO


Tutto si può dire del Pd, ma non che sia un partito prevedibile. Pochi dei 3,5 milioni dei votanti alle primarie di ottobre potevano immaginare (tra questi io) che Walter Veltroni avrebbe discusso la legge sull'aborto con Giuliano Ferrara e che il medesimo Ferrara avrebbe preso la parte al comitato Valori del Pd, addirittura invitato a prendervi la parola dal presidente Alfredo Reichlin. La bizzarra rimpatriata tra ex comunisti - un déjà vu anni Settanta - pareva impensabile ancora pochi giorni prima, quando un' illuminante intervista alla Stampa il supermazziere berlusconian-vaticano aveva gettato la maschera sul movente tutto politico della sua "crociata" contro l' aborto: "Mi piacerebbe che i promotori di questa iniziativa fossero un "cattolico adulto" come Prodi, una cattolica democratica come la Bindi e una cattolica ex-comunista come la Turco". E perché non l'amico Silvio, che si dice cattolico a ogni piè sospinto? Ecco: la cosiddetta moratoria non riduce gli aborti, ma in compenso getta una questione sensibile come la 194 tra le ruote già storte del Pd. Altrimenti sarebbe partita durante il governo Berlusconi, che ben si guardò dallo sfiorare il tema. Anche perché la signora Veronica, in una sofferta intervista a Maria Latella, ha raccontato:"Al quinto mese di gravidanza ho saputo che il bambino che aspettavo era malformato e per i due successivi mesi ho cercato di capire, con l'aiuto dei medici, cosa potevo fare, cosa fosse più giusto fare. Al settimo mese sono dolorosamente arrivata alla conclusione di dover abortire" (Corriere della Sera, 8 aprile 2005). A sentire Ferrara ultimo modello, la signora - che tra l'altro è il suo editore - sarebbe un' omicida. Per nobilitare una campagna tutta politica, l'astuto Ferrara invoca il diritto alla vita, sancito dalla Dichiarazione dei diritti dell' uomo del 1948 e due "laici perbene, seri e responsabili": Norberto Bobbio e Pier Paolo Pasolini, che si pronunciarono coraggiosamente contro l'aborto nel 1981 e nel 1975 (quando Ferrara era abortista sfegatato). Quanto al diritto alla vita, è singolare che a farsene paladino sia un ultrà della guerra in Iraq che sorvola sulle centinaia di migliaia di civili ammazzati e giustifica le torture di Abu Ghraib e le detenzioni illegali a Guantanamo. Quanto al compianto Bobbio, le annate del Foglio sono un florilegio di attacchi al filosofo torinese, dipinto come papa laico, guru azionista, moralista e giacobino da strapazzo che "non ha i titoli di profeta e guida della nuova Italia, "parla e scrive col ditino alzato" e "dovrebbe portare rispetto a se stesso, alla sua complicata storia etica e morale (18.5.1996) perché " scriveva lettere d'amore al Duce" (12.1.1999) e "lusingava Togliatti facendosene lusingare" (17.1.1998). Uno che osa vibrare "pugnalate sicarie" a Berlusconi "con gesti verbali da domatore di circo equestre" e lascia incustodita la Costituzione, purché a manometterla siano gli amici" ( 13.11.1996). Insomma un tipaccio abituato a "servire non la verità, ma i suoi rancori personali" e ad " aggiogarsi al carro dei vincitori" (15.9.1999). Il che, detto da Ferrara a Bobbio, fa già ridere. Mai però quanto Ferrara che fa il suo ingresso trionfale al comitato Valori del Pd.



A parte il paragone che fa Travaglio tra Ferrara e Bobbio, dove appare chiaro che le accuse rivolte dall' Ateo Devoto potrebbero benissimo essere a lui stesso indirizzate in un processo psicologico che solo Freud potrebbe spiegarci, a parte la sua storia personale, segnata da innumerevoli cambiamenti di posizione, a parte la storia personale di Veronica Berlusconi che dovrebbe chiarire meglio quanto la decisione di abortire sia sempre sofferta e spetti sempre e comunque al portatore del feto, questo articolo fa riflettere sulla natura del Pd e sugli errori finora commessi.
L'ultima frase di Travaglio è abbastanza sintetica nell'esprimere una situazione paradossale dove lui ride ma molti di noi avrebbero voglia di piangere e di spaccare il muso a qualcuno. E' vero che il Partito Democratico è aperto a chiunque voglia offrire il suo contributo ma a farlo dovrebbero essere solo coloro che si sentono parte di questo progetto, coloro che esercitano il diritto alla partecipazione, ma anche i suoi doveri. Porte aperte a Ferrara, ma se vuole intervenire nelle nostre assemblee deve prima farsi eleggere dai sostenitori del Pd. E non mi si dica che questa è una chiusura, nella società di Diritto ad ogni diritto corrisponde un dovere. E' bene tracciare dei limiti per evitare che alle primarie vengano a votare anche rappresentanti istituzionali eletti nelle file dell'opposizione, come accaduto dalle mie parti. Non sarebbe male richiedere di registrarsi due mesi prima in liste apposite per poter esercitare il voto. Troppa apertura rischia di far inserire in questa azione cavalli di Troia del nemico.

lunedì 21 gennaio 2008

La caduta di Mastella apre la via al governissimo

Son rimasto stupito quando Clemente Mastella ha presentato le sue dimissioni. L'ho considerato un atto di onestà politica e di rispetto per gli organi dello Stato. Mi sbagliavo.
Era un atto di opportunità politica. Mastella cerca infatti con questo gesto disperato un modo per sopravvivere, lui e il suo partito. Da una parte chiede a tutta la maggioranza di schierarsi dalla sua parte nella lotta contro la magistratura, organo indipendente dello Stato. Accusa la magistratura di eversione ma i magistrati fanno quello che devono, far rispettare la legge. Che poi la concussione sia diventata una cosa normale e una cosa che fan tutti non è una valida giustificazione. Nel caso ciò non accadesse Mastella minaccia la crisi di governo e tutto ciò che comporta, come l'annullamento del Referendum sulla legge elettorale che si dovrebbe tenere nei prossimi mesi se questa legislatura avrà fine.
Spero che qualcuno non ceda a questo ricatto e difenda gli interessi del paese. Spero che si abbia il coraggio di fare quello che deve essere fatto anche se impopolare. Spero che si decida. Spero che le belle parole non siano solo slogan elettorali ma espressioni di principi. Spero che in nome di un interesse superiore qualcuno sia disposto anche a sporcarsi le mani di fronte agli occhi dell'opinione pubblica. Spero che sia disposto anche a un governo di unità nazionale nei prossimi mesi e tenga in piedi questa legislatura in modo che gli italiani possano esprimersi con il referendum. Spero che ci libereremo in un solo colpo dei Mastella, dei Dini e dei Boselli che rappresentano quel modo di fare politica orientato alla difesa dei propri particolari interessi. Spero che l' Italia non affondi nel particolarismo e nell'individualismo.

sabato 19 gennaio 2008

La classe operaia è andata in paradiso

Sono diversi gli eventi che negli ultimi tempi hanno attirato la mia attenzione.
Il primo riguarda le dimissioni del ministro della Giustizia. Ho ritenuto vergognoso il suo attacco alla magistratura. “Lascio per senso dello Stato”, peccato che il senso dello Stato non l’abbia frenato dall’accusare i giudici di un complotto ordito ai suoi danni. Ho ritenuto ancor più vergognoso il comportamento della maggior parte di tutti i suoi onorevoli colleghi che hanno applaudito il suo intervento a Montecitorio.Penose le lacrime del ministro, gli abbracci e le pacche sulle spalle.
Esilaranti i commenti del caso, “siamo in piena emergenza democratica”, che ultimamente va di moda e si adatta facilmente a tutte le situazioni. Cosa cavolo significa qualcuno spero me lo spieghi.
“E’ un fatto sconvolgente, ora i magistrati se la prendono con le nostre mogli” (Dini) è fantastico.
Suscitano ulteriore ilarità i commenti del giorno dopo da parte dell’ex ministro (accusato tra le tante cose di concussione), “posso aver raccomandato qualcuno, ma solo i più bravi”.
La consulta ha dato via libera al referendum che salvo interventi da parte del parlamento andremo a votare tra i 15 aprile e il 15 giugno.
I quesiti puntano a cancellare il “Porcellum”.
Le soluzioni alternative al referendum sono diverse: Vassalum, sistema misto tedesco spagnolo con filtro del 5%; bozza Bianco, sistema tedesco corretto proporzionale nelle circoscrizioni con effetto maggioritario senza dimenticare che come trazione per due anche se fosse supercazzola bitumata, ha lo scappellamento a destra.
Il pattume napoletano cercano di smistarlo per tutta Italia. Le soluzioni a quanto pare ci sarebbero (tipo costruire termovalorizzatori) ma tra lo scarica barile generale e il frazionamento infinito delle competenze e tutti i miliardi gettati “al vento” i risultati sono sotto i nostri occhi.
La Sardegna riceve parte dei rifiuti campani. Posso essere anche d’accordo sulla solidarietà espressa però una delle ultime volte in cui ci si ricordò della Sardegna era per portaci scorie nucleari da interrare nelle miniere.
Fortunatamente a rallegrare la situazione ci pensa la storia d’amore tra Sarkozy e la Bruni e l’ultima tra Chavez e Naomi Campbell.

E intanto la classe operaia va in paradiso.
Gli operai della Thyssen Krupp sono già dimenticati.La tragedia ha intristito… proprio sotto Natale!
La colpa si è detto anche essere stata degli operai stessi, che avrebbero dovuto vigilare sulla loro sicurezza.
Loro, gli operai, che avrebbero dovuto premunirsi, tra l’altro, di verificare lo stato degli estintori.
Si è detto che gli investimenti per mettere in sicurezza l’impianto sarebbero stati stimati in 800.000 euro.
Troppi, decisamente troppi per un impianto in chiusura.
I sindacati dov’erano?

venerdì 18 gennaio 2008

Problema rifiuti: chiamate Re Mida

Sono giorni in cui il tema rifiuti è in primissimo piano, come se prima di oggi non fosse un problema. I rifiuti ci sono e dobbiamo saperli gestire, dobbiamo trovare soluzioni ottimali per minimizzare un problema che non si può evitare. Qualcuno è anche capace di parlare dei rifiuti come una “ricchezza”. I rifiuti sono un problema, sempre e comunque, perchè il bilancio finale, comprensivo dell’aspetto economico, ambientale e sociale, è negativo. Nell’affrontare il problema sui rifiuti, si deve cercare la soluzione muovendosi lungo il ciclo di vita dei rifiuti da monte verso valle. Banalmente, la migliore delle soluzioni, quella utopica, sarebbe poter avere una produzione di rifiuti pari a zero; ma i rifiuti ci sono e qualcosa va fatta. In questo post voglio semplicemente fare un quadro generale del ciclo dei rifiuti (quelli urbani, detti RSU), senza scendere troppo nei dettagli di natura tecnica. Per altre tipologie di rifiuti (pericolosi, sanitari, ecc.) le strade da percorrere sono diverse.
La soluzione ideale del problema rifiuti, quella non utopica, va cercata nei sistemi integrati di smaltimento, con i quali si prevede (sempre muovendoci da monte verso valle): la riduzione del quantitativo di rifiuti da smaltire; il riutilizzo, il ricupero e il riciclaggio; il ricupero energetico per combustione delle frazioni a più alto potere calorifico; il compostaggio o la digestione anaerobica della frazione organica; la minimizzazione dell'impatto ambientale.
In altre parole si deve dare priorità alla minimizzazione nella produzione dei rifiuti. Come? Per prima cosa immettere nel circuito consumistico un quantitativo minore di contenitori monouso. Favorire il riutilizzo quindi, ma anche il ricupero e il riciclaggio. Ricupero e riciclaggio sono possibili laddove funzioni la raccolta differenziata, la cui corretta pianificazione e gestione è di fondamentale importanza, al fine di recuperare o riciclare carta e cartone, vetro, plastica, ferro, sostanza organica, ecc. A questo punto, quello che non è possibile riutilizzare, recuperare o riciclare deve per forza di cose essere smaltito. Laddove è economicamente conveniente (non sempre lo è), i materiali che bruciando garantiscono una elevata produzione di energia (in termini di calore o anche di energia elettrica) conviene vengano termicamente distrutti negli inceneritori. Spesso questi impianti sono chiamati termovalorizzatori per sottolineare il fatto che si ha un recupero energetico, ma nella normativa di riferimento (D. Lgs. 133/05 e D.Lgs. 152/06) non si fa mai uso di questo termine. I rifiuti di natura organica andrebbero invece trattati in impianti di compostaggio o di digestione aerobica, impianti che consentono di produrre compost, ossia materiale utile come fertilizzante. L’ultima spiaggia è la discarica controllata, ed è quindi auspicabile che qui finisca il minor quantitativo possibile di rifiuti. Quali sono questi rifiuti? I prodotti residui della combustione in uscita dall’inceneritore, e, attualmente, anche i rifiuti organici, che invece, come detto prima, sarebbe auspicabile venissero trattati negli impianti di compostaggio. E visto che qualcosa in discarica ci finisce, occorre allora minimizzare l’impatto ambientale, con tutte le scelte progettuali e gestionali del caso. Ma minimizzare l’impatto ambientale è anche una priorità che non riguarda solo le discariche controllate ovviamente, ma anche tutti gli altri processi (pensiamo alle emissioni inquinanti degli inceneritori per esempio) ed interessa anche l’aspetto sociale e paesaggistico.

giovedì 17 gennaio 2008

Democrats Caucus

Nel 2004 sostenni la candidatura di John Forbes Kerry collaborando con l’Associazione Italians For Kerry, convinto che sull’onda del movimento internazionale di opposizione alla guerra in Iraq la Dottrina della Guerra Preventiva sarebbe stata sconfitta in patria. Fu una grossa delusione vedere Kerry arretrare su questi temi e George Bush uscire come un trionfatore in quelle elezioni. Dal quel giorno pensai che non poteva ormai venire fuori più niente di buono dagli Stati Uniti e cominciai a considerare la loro mentalità isolazionista e di frontiera come un avversario politico pericoloso per il nostro futuro. Per questo sono rimasto abbastanza disinteressato di fronte alla campagna per le primarie che si tenevano negli Stati Uniti, ma vedere così tanto entusiasmo attorno ai candidati democratici e un alto tasso di partecipazione mi fa sperare che, come dice Obama, something is happening.
Così mi son preso la briga di seguire parte dei discorsi dei candidati democratici e ciò che appare subito evidente e il continuo utilizzo della parola “cambiamento”. Obama conduce la sua campagna elettorale sul motto “il tempo per il cambiamento è arrivato”, mentre i sostenitori di Hillary Clinton espongono striscioni con la scritta “Pronti a cambiare”.
Barack Obama potrebbe essere il primo presidente di colore nella storia degli Stati Uniti e nella sua campagna si fa forte della sua opposizione alla guerra in Iraq sin dal principio. Afferma infatti che “sarà il presidente che porrà fine alla guerra in Iraq e finalmente riporterà le truppe a casa” o ancora che gli Stati Uniti con lui “non useranno mai l’ 11 settembre”. Pone forte l’accento sull’unità del suo paese(noi siamo una nazione, noi siamo un popolo) e invita donne e uomini ad avere il coraggio di costruire il mondo per ciò che deve essere perché “insieme le persone ordinarie possono costruire qualcosa di straordinario.” Obama incita i suoi sostenitori a credere ancora col il motto Yes we can.
Hillary Clinton potrebbe essere la prima donna presidente degli Stati Uniti e mentre si mostra reticente su un tema importante come la guerra in Iraq (in Senato votò a favore del finanziamento a differenza di Obama) propone un cambiamento nella politica interna comunque importante. Si rivolge principalmente a coloro che non possono permettersi di pagare le bollette e le assicurazioni sanitarie e afferma che “voi non sarete più invisibili”. Si pronuncia sostenitrice della classe media che deve crescere e prosperare nuovamente. Le sue parole più forti sono quando dice, rivolgendosi alle compagnie petrolifere, compagnie farmaceutiche e compagnie di assicurazioni sanitarie; che “hanno avuto per otto anni un presidente che governava per loro, è giunto il momento di un presidente che governi per il popolo; è giunto il momento di un governo del popolo, dal popolo, per il popolo”. Pone l’accento sulla necessità di un sistema sanitario che possa garantire i servizi essenziali anche per coloro che non possono permetterselo.
John Edwards è il candidato più debole dei tre anche perché il più ambiguo avendo votato sia a favore dell’ intervento statunitense in Iraq e del Patriot Act (che ha ridotto le libertà civili), sia per essersi dichiarato a favore dell’aborto e della pena di morte. Anch’ egli sostiene di parlare per la classe media e per tutti coloro che non hanno voce. Sostiene la necessità di un sistema che garantisca la copertura sanitaria e invoca l’impegno di tutti noi per garantire ai nostri figli un vita migliore della nostra.
Obama si mostra più convinto nel portare avanti la sua linea di cambiamento e dà un immagine di maggiore freschezza e novità, ma Clinton ha più forza ed esperienza per realizzare questi propositi. Edwards è invece il terzo incomodo che può fungere da termometro per valutare il gradimento dell’elettorato democratico e può giungere in soccorso a uno dei due candidati come ha fatto recentemente esprimendo più volte il suo gradimento per Obama. In ogni caso i democratici propongono un cambiamento a sostegno delle politiche pubbliche, una controtendenza in un paese segnato e che ha segnato negli ultimi trent’ anni il trionfo delle politiche neoliberiste che proprio negli Stati Uniti sono state ideate dalla Scuola di Chicago. In campo internazionale propongono invece un Paese sicuramente più aperto al dialogo e alla concertazione col resto del mondo e il rafforzamento delle istituzioni sovranazionali come l’ ONU.
Sono importanti le novità che propongono i candidati democratici ed è auspicabile dopo otto anni di amministrazione repubblicana che ha ulteriormente diviso gli Stati Uniti e li ha allontanati dalla comunità internazionale, che uno di loro riesca a vincere la corsa alla Casa Bianca che, volenti o nolenti, ha un ruolo fondamentale nelle dinamiche politiche internazionali.