giovedì 17 gennaio 2008

Democrats Caucus

Nel 2004 sostenni la candidatura di John Forbes Kerry collaborando con l’Associazione Italians For Kerry, convinto che sull’onda del movimento internazionale di opposizione alla guerra in Iraq la Dottrina della Guerra Preventiva sarebbe stata sconfitta in patria. Fu una grossa delusione vedere Kerry arretrare su questi temi e George Bush uscire come un trionfatore in quelle elezioni. Dal quel giorno pensai che non poteva ormai venire fuori più niente di buono dagli Stati Uniti e cominciai a considerare la loro mentalità isolazionista e di frontiera come un avversario politico pericoloso per il nostro futuro. Per questo sono rimasto abbastanza disinteressato di fronte alla campagna per le primarie che si tenevano negli Stati Uniti, ma vedere così tanto entusiasmo attorno ai candidati democratici e un alto tasso di partecipazione mi fa sperare che, come dice Obama, something is happening.
Così mi son preso la briga di seguire parte dei discorsi dei candidati democratici e ciò che appare subito evidente e il continuo utilizzo della parola “cambiamento”. Obama conduce la sua campagna elettorale sul motto “il tempo per il cambiamento è arrivato”, mentre i sostenitori di Hillary Clinton espongono striscioni con la scritta “Pronti a cambiare”.
Barack Obama potrebbe essere il primo presidente di colore nella storia degli Stati Uniti e nella sua campagna si fa forte della sua opposizione alla guerra in Iraq sin dal principio. Afferma infatti che “sarà il presidente che porrà fine alla guerra in Iraq e finalmente riporterà le truppe a casa” o ancora che gli Stati Uniti con lui “non useranno mai l’ 11 settembre”. Pone forte l’accento sull’unità del suo paese(noi siamo una nazione, noi siamo un popolo) e invita donne e uomini ad avere il coraggio di costruire il mondo per ciò che deve essere perché “insieme le persone ordinarie possono costruire qualcosa di straordinario.” Obama incita i suoi sostenitori a credere ancora col il motto Yes we can.
Hillary Clinton potrebbe essere la prima donna presidente degli Stati Uniti e mentre si mostra reticente su un tema importante come la guerra in Iraq (in Senato votò a favore del finanziamento a differenza di Obama) propone un cambiamento nella politica interna comunque importante. Si rivolge principalmente a coloro che non possono permettersi di pagare le bollette e le assicurazioni sanitarie e afferma che “voi non sarete più invisibili”. Si pronuncia sostenitrice della classe media che deve crescere e prosperare nuovamente. Le sue parole più forti sono quando dice, rivolgendosi alle compagnie petrolifere, compagnie farmaceutiche e compagnie di assicurazioni sanitarie; che “hanno avuto per otto anni un presidente che governava per loro, è giunto il momento di un presidente che governi per il popolo; è giunto il momento di un governo del popolo, dal popolo, per il popolo”. Pone l’accento sulla necessità di un sistema sanitario che possa garantire i servizi essenziali anche per coloro che non possono permetterselo.
John Edwards è il candidato più debole dei tre anche perché il più ambiguo avendo votato sia a favore dell’ intervento statunitense in Iraq e del Patriot Act (che ha ridotto le libertà civili), sia per essersi dichiarato a favore dell’aborto e della pena di morte. Anch’ egli sostiene di parlare per la classe media e per tutti coloro che non hanno voce. Sostiene la necessità di un sistema che garantisca la copertura sanitaria e invoca l’impegno di tutti noi per garantire ai nostri figli un vita migliore della nostra.
Obama si mostra più convinto nel portare avanti la sua linea di cambiamento e dà un immagine di maggiore freschezza e novità, ma Clinton ha più forza ed esperienza per realizzare questi propositi. Edwards è invece il terzo incomodo che può fungere da termometro per valutare il gradimento dell’elettorato democratico e può giungere in soccorso a uno dei due candidati come ha fatto recentemente esprimendo più volte il suo gradimento per Obama. In ogni caso i democratici propongono un cambiamento a sostegno delle politiche pubbliche, una controtendenza in un paese segnato e che ha segnato negli ultimi trent’ anni il trionfo delle politiche neoliberiste che proprio negli Stati Uniti sono state ideate dalla Scuola di Chicago. In campo internazionale propongono invece un Paese sicuramente più aperto al dialogo e alla concertazione col resto del mondo e il rafforzamento delle istituzioni sovranazionali come l’ ONU.
Sono importanti le novità che propongono i candidati democratici ed è auspicabile dopo otto anni di amministrazione repubblicana che ha ulteriormente diviso gli Stati Uniti e li ha allontanati dalla comunità internazionale, che uno di loro riesca a vincere la corsa alla Casa Bianca che, volenti o nolenti, ha un ruolo fondamentale nelle dinamiche politiche internazionali.

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