martedì 29 dicembre 2015

Il risanamento di Flumini come anno zero del suo sviluppo

Nelle scorse settimane in Consiglio Comunale, il presidente della Commissione Urbanistica, Lucio Torru, ha dichiarato in sostanza che non c’è nulla da fare per sbloccare i 29 piani di risanamento di Flumini. Di fatto ha dichiarato l’inutilità di sé stesso e dei suoi colleghi, intaccando la fiducia nelle istituzioni e nell’idea stessa di comunità che faticosamente i cittadini volenterosi cercano di tenere in piedi.
Sembra esserci un interesse recondito a far sì che Flumini rimanga in una situazione da Far West (anche se ci troviamo a Est di Quartu). Un territorio abbandonato a sé stesso che conquista però grandi attenzioni al momento del voto. Ad ogni tornata c’è chi lucra tramite le false promesse e – chi amministra – tramite la realizzazione di piccoli interventi riparatori.
Tanto si è parlato delle enormi potenzialità di un territorio che si trova tra città, mare e montagna. Potenzialità che rimangono inespresse senza l’attuazione di quei piani di risanamento che porrebbero tutti, cittadini compresi, di fronte alle loro responsabilità. Sarebbe un anno zero da cui ripartire, da cui creare uno sviluppo ordinato e in armonia con il territorio. Il perdurare di questa situazione di illegalità fa comodo a chi vuole conservare Flumini come territorio sommerso con una economia sommersa che alimenta sì oneste esigenze, ma ha il grave demerito di compromettere lo spirito civico dei suoi abitanti.
Lo sviluppo di Quartu passa anche per quello di Flumini, ma la maggioranza dei “responsabili” ha dimostrato – in questa occasione, come in tante altre – la sua incapacità di gestire i problemi veri della città.

martedì 22 dicembre 2015

Le elezioni spagnole confermano la fragilità dell'Europa

Le elezioni spagnole confermano l'avanzata dei partiti "antisistema" in Europa. Antisistema perché evadono dai tradizionali sistemi di partito. In Italia questa esigenza di cambiamento è stata già intercettata dal M5S, che ha per certi versi precorso i tempi. La nostra fragilità non ha infatti origine nella crisi economica dell'ultimo decennio, ma è conseguenza di Tangentopoli e della fine della guerra fredda.
L'unica alternativa possibile sono le forze regionaliste e localistiche. Scozia, Corsica e Catalogna tracciano una linea in questo senso. I cittadini europei sentono sempre più forte la distanza dalle istituzioni e vedono la soluzione in forze politiche che siano espressione specifica del territorio. L'UE ha cercato fino ad oggi di dare risposte organizzative e comunicative, ma non risposte politiche.
In Sardegna i sintomi ci sono tutti. Alle scorse elezioni regionali le liste regionali hanno ottenuto il 35% dei consensi. Alle scorse comunali a Quartu c'è stato un floriregio di liste civiche e candidati che hanno ottenuto anche un buon risultato, per un totale del 46% dei voti espressi. Medesimo floriregio si annuncia per le elezioni di Cagliari dell'anno venturo. Solo un'amministrazione targata PD-Sel che si è preoccupata in primo luogo di amministrare la città, può resistere a quest'onda. 
Ecco dove sta la soluzione. Il PD in particolare è riuscito a resistere finora grazie a una classe amministrativa locale capace di rappresentare gli interessi del territorio. Oggi invece è in atto una deriva centralista, piegata a interessi globali, che rischia pregiudicare tutto questo lavoro e di aprire le porte a forze cosiddette "antisistema" che in uno scenario di questo tipo non possono che apparire come l'inevitabile soluzione.

sabato 31 ottobre 2015

Siamo tutti romani

Siamo tutti romani.

Siamo tutti coinvolti nel destino di una città che si trova a centinaia di chilometri.

Siamo tutti in grado di giudicare la qualità di un'amministrazione positivamente o - ancora peggio - negativamente. Siamo in grado di farlo meglio di chi conosce la città e i suoi problemi.


Ecco, io credo di no. Credo che io non sono romano e che esprimere certi giudizi spetta ad altri.

Quindi non rimane che fare una distaccata analisi politica.

Il PD romano è stato fortemente compromesso dalle indagini di Mafia Capitale. Consiglieri e Assessori arrestati e sostituiti, l'emersione di un sistema criminale radicato. In queste condizioni la sua azione politica non poteva proseguire ed è inevitabile, quanto auspicabile, una sua rifondazione. Si è pensato che il PD nazionale potesse sostituirsi a questo vuoto politico, ma nella realtà dei fatti ha piegato le esigenze della città a quelle nazionali. Siamo tutti tossici dei mass-media, a partire dal Presidente del Consiglio.

L'Amministrazione è rimasta sola. Quando si elegge un sindaco, non si elegge un imperatore, un podestà, ma una guida amministrativa. Le sue gambe sono le forze politiche che la sostengono e quando vengono a mancare non cammina più.

Questo è avvenuto a Roma, ma avviene in tante altre città d'Italia, per i sindaci come per i singoli assessori. Senza copertura politica non si può amministrare, non basta un'elezione diretta.

venerdì 4 settembre 2015

Dalla speranza alla delusione

Devo ammettere che la vicenda politica che riguarda Quartu rappresenta per me una grossa delusione. Perché sì, in fondo ci avevo sperato che si potesse costruire qualcosa di buono. Mi avevano convinto i così tanti giovani che hanno sostenuto con passione e dedizione il sindaco Delunas, alle primarie come alle elezioni. Perché mi hanno fatto intravedere una speranza di rinnovamento. Speravo si avviasse una fase di buona amministrazione per la nostra città, in un momento storico in cui gli enti locali sono sempre più ridimensionati, ridotti a esattori di tasse per conto dello Stato, depotenziati della loro azione intermediazione e di limite al potere centrale, del loro ruolo. Stessa sorte che subiscono purtroppo tutte le rappresentanze politiche e sociali. In un contesto del genere ho voluto sperare in un lavoro che invertisse la tendenza e ciò a cui ho assistito negli ultimi mesi rappresenta anche per me, che non sono stato un “delunasiano” della prima ora, una forte delusione.

Credo che il sindaco abbia sbagliato da subito i tempi e i luoghi di una battaglia politica pur legittima, come tutte le battaglie politiche. E proprio questi errori l'hanno ridotta a uno scontro personale consumato nelle sedi istituzionali, e quindi sulla pelle dei cittadini, a suon di comunicati e di colpi di teatro. Un lusso che la città non può permettersi, uno spettacolo che non si merita.


I sostenitori del sindaco rivendicano la legittimità e la bontà del suo agire nel tentativo di liberarsi dal giogo di poche persone che vogliono esercitare su di lui un potere assoluto. Ma l'agire del sindaco non è stato volto ad aprire la discussione e la partecipazione, ma anzi a restringerla ulteriormente e ricondurre le principali decisioni alla sua persona e al suo fumoso entourage. Insomma a fare suoi quei metodi che contesta. Ha provato a realizzare quella che Gramsci avrebbe definito una rivoluzione passiva, una rivoluzione guidata dall'alto invece che dal basso. Mi chiedo infatti perché Delunas, di fronte alle prime difficoltà, non abbia provato ad aprire e allargare la discussione all'interno del suo stesso partito. A questa domanda conosco già la risposta: lo ha fatto scientemente, consapevole che gli organismi dirigenti del PD a Quartu sono blindati e cooptati. Perché frutto di meccanismi che ben conosce e che gli hanno permesso di essere prima consigliere comunale, poi assessore alle politiche sociali, a seguire capogruppo in consiglio provinciale e oggi sindaco. Non si è mai fatto sostenitore di una battaglia per cambiare il suo partito, ha sempre sostenuto posizioni di comodo e oggi ne paga lo scotto. Se la sua volontà di cambiare il PD fosse sincera, avrebbe dovuto agire molto prima, pagandone il prezzo; o meglio ancora avrebbe potuto dare un'opportunità al giovane segretario e a tutti giovani che lo hanno sostenuto, costruendo un futuro migliore per la città e il suo partito. Con l'equilibrio e la pazienza di un uomo al servizio delle istituzioni. Abbiamo bisogno di statisti, non di Don Chisciotte. Ho sentito invece il sindaco dire di tutto contro un partito da cui ha avuto tutto. Per questo oggi le sue battaglie sono per me incondivisibili, ma soprattutto non sono credibili. E bene fa il PD ad aver deciso di porre fine a questa tragicomica esperienza. Certo ne pagherà le conseguenze perché è sua la responsabilità di aver fatto questa scelta e di averla consegnata alla città, ma sarebbe ancora più irresponsabile e ancora più alto il prezzo da pagare allungare una consiliatura che, viste le premesse, non potrà produrre nulla di buono.

La parola fine non è ancora scritta, aspettiamo l'8 settembre, perché questo partito riserva sempre delle sorprese. Ad esempio può succedere che consiglieri eletti con il PD arrivino a votare contro quanto deciso dagli organismi dirigenti del loro partito. Da parte mia posso dire che se ciò dovesse avvenire, se la mozione di sfiducia non dovesse passare per il voto contrario, astensione o assenza strategica di anche solo uno dei consiglieri PD, porrò definitivamente fine alla mia esperienza con questo partito.  

venerdì 29 maggio 2015

Provando a ragionare, oltre l'istinto

Dicono che sono diversi, che non si integrano, che disturbano.


Oggi uno di quei ragazzi che sta ai parcheggi mi ha chiesto se stavo andando via e ha iniziato a seguirmi. A un certo punto ho visto il panorama della mia città, ancora più bella all'imbrunire. Così mi sono fermato a fare qualche foto, in cerca dello scatto magico. Mi sono voltato e lui era lì che mi aspettava. 


D'istinto ho pensato che manco una foto in pace mi potevo fare. Poi ho pensato a tutte le volte che lui ferma qualche autista in uscita, lo segue, fa avanti e indietro per individuare un parcheggio libero da indicare al prossimo autista nella speranza che compri qualcosa e gli permetta di guadagnare qualche "millino". E così di "millino" in "millino" guadagnarsi la sua giornata. 

Ho pensato che non è vero che sono diversi e non si sanno integrare. Ho pensato che anzi in questo mondo sempre più competitivo e precario si adattano benissimo. Mi ha ricordato quei ragazzi che chiamano a casa o al cellulare per offrirti una tariffa telefonica o una nuova fornitura di energia elettrica. 



Mi sono sforzato di capire come questi 2 mondi sarebbero in competizione, ma davvero non ci sono riuscito. Penso che se proprio devono stare in competizione, contro qualcosa o contro qualcuno, dovrebbero farlo stando dalla stessa parte.

sabato 17 gennaio 2015

Una Rivoluzione Liberale per Quartu

Quando partecipai alle prime primarie del Partito Democratico nel 2007 (quelle di Veltroni, per intenderci) avevo un'idea più o meno chiara del PD che volevo e sognavo. Lo immaginavo come un partito popolare, un partito liberale di massa, uno strumento di partecipazione al servizio dei cittadini. Auspicavo che superasse il partito novecentesco: ideologico, classista ed elitario. Speravo insomma che portasse un'emancipazione generale, un nuovo civismo, una Rivoluzione Liberale. Lo stesso Gobetti esprimeva ammirazione per il movimento comunista, come movimento di liberazione di cittadini oppressi (i lavoratori) che prendevano coscienza di sé, si emancipavano e aspiravano a farsi Stato. Ma oggi quella esperienza appartiene al passato. La società si è evoluta: sempre più articolata e segmentata, non può esistere un grande partito popolare che rappresenti gli interessi di una sola categoria sociale. È necessario invece un partito che rappresenti diversi interessi, che crei strumenti che ne dirimano i conflitti e li convogli dentro di sé. In questo processo le primarie sono strumento fondamentale e parte integrante.


Un processo che si realizza per tappe, con tempi diversi in luoghi diversi. Tempi molto dilatati nella città di Quartu, dove il PD, confrontato con il suo omologo nazionale e regionale, mi pare l'esempio più calzante di cattocomunismo, di chiusura verso tutto ciò che viene dall'esterno, nella convinzione che élite autoproclamatesi siano in grado di decidere cosa è meglio per tutti. Convinzione figlia di un'idea di Stato e e di partito patrigni, che benevolmente concedono al figlio ciò di cui ritengono abbia bisogno. In questo senso va la decisione presa nei giorni scorsi. L'assemblea cittadina ha approvato un ordine del giorno che consente a un iscritto del PD di candidarsi a sindaco, unicamente con le firme del 20 per cento degli iscritti o del 35 per cento dell'assemblea cittadina, appellandosi all'art.18 dello Statuto nazionale. Una scelta magari giuridicamente legittima, ma politicamente inappropriata. Una scelta che contrasta con la natura stessa del PD, che nasce per portare al suo interno i fermenti presenti nella società, che diventi spazio per proposte politiche costruite dal basso, autonomamente e senza l'imprimatur di alcuno, dove le primarie rappresentano lo strumento per misurarne la validità. Perché sono gli elettori a dover valutare la bontà di una proposta politica. Laddove non avviene, tali fermenti trovano spazio altrove e non per caso proprio a Quartu abbiamo il M5S più forte in Sardegna. Di contro, a un non iscritto al PD basteranno qualche centinaio di firme di semplici elettori, realizzando così il paradosso che gli sarà più facile candidarsi rispetto a un iscritto PD. 

Invece che costruire ponti, si costruiscono muri. 

Non propriamente quello che mi aspettavo da un partito del nuovo millennio, non propriamente una Rivoluzione Liberale.

venerdì 2 gennaio 2015

Il Copernico racconta l’ultima iniziativa di Viva Villanova

Instaurare relazioni tra gli abitanti, fargli conoscere i vicini di casa, metterli insieme e attivare collaborazioni è l’obiettivo principale del progetto VIVA VillanoVA. In un momento in cui la società è sempre più atomizzata, individualista, a tratti egoista, progetti di coesione sociale come questo servono a ri-costruire uno spirito collettivo. Questo è il valore di sinistra di fondo che portiamo come contributo ai Luoghi Idea(li).
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Anche Villanova vive questa esigenza, così come lo vivono molti quartieri delle zone urbane. Un quartiere cambiato molto rispetto a trent’anni fa, grazie a una riqualificazione urbana che lo ha reso più attraente e confortevole. Cambiamenti che hanno portato nuovi abitanti, italiani e stranieri; che lo hanno reso da un quartiere di artigiani a un quartiere residenziale. Il Circolo Copernico si propone di attivare processi di integrazione tra vecchi e nuovi residenti e in questo senso è stata pensata l’attività “Sogna con le mani, crea a Villanova”. Presso Domukratica abbiamo invitato gli abitanti del quartiere, in particolare i bambini, a un laboratorio artigianale e a un laboratorio di riciclo. Sempre in quel giorno, il 21 dicembre, il Teatro del Sale aveva in programma lo spettacolo “Stelle sfilanti”, un parata per il quartiere che ha avuto inizio e fine presso Piazza San Giacomo. L’evento combinato ha preso il nome di “Sogno d’inverno a Villanova.” Abbiamo fatto rete, abbiamo coinvolto abitanti e associazioni del quartiere ed è quello che ha contribuito alla buona riuscita della giornata e che dobbiamo continuare a fare. Non sono poche le difficoltà che abbiamo incontrato nel quartiere. Presentarsi come circolo del PD, inevitabilmente suscita diffidenza nel comune cittadino. I partiti oggi non sono più avvertiti come strumento, ma appare invece vero il contrario. È il cittadino ad avere il forte timore di essere strumento dei partiti. Da qui nascono le nostre difficoltà, ma anche la nostra sfida. Recuperare quel rapporto, rendere il partito, i circoli, uno strumento,  è tra gli obiettivi generali dei Luoghi Idea(li). La difficoltà più grande rimane quella di coinvolgere le comunità straniere. Il quartiere non vive episodi di intolleranza, ma queste rimangono isolate e l’integrazione irrealizzata. Anche stavolta ci abbiamo provato, ma con scarsi risultati. Ciò nonostante registriamo un piccolo passo avanti nella nostra presenza nel quartiere. È un lavoro lungo nel tempo, che richiede pazienza e molto più dell’anno programmato, ma far sapere che ci siamo, che esistiamo, contribuirà a costruire i risultati di domani.

http://www.pdsardegna.it/notizie/il-copernico-racconta-lultima-iniziativa-di-viva-villanova/

domenica 30 novembre 2014

In risposta al segretario Renzi: “Questo governo non fa cose di sinistra"

Mi spiace, caro segretario, ma questo governo non fa cose di sinistra. Non lo fa perché cerca di reagire agli effetti della crisi con le stesse cause che l’hanno determinata.



La crisi finanziaria del 2007 mi fece credere che in molti avrebbero finalmente riconosciuto il fallimento del liberismo reaganiano, ideologia dominante dagli anni ’80 in poi. Talmente dominante che ormai anche il centrosinistra italiano ne era divenuto succube. In quei giorni, persino il viceministro dell’Economia in quota AN, Mario Baldassari, arrivò a dichiarare in diretta TV che la soluzione alla crisi si poteva trovare con una rispolverata della teorie economiche keynesiane: sostegno al reddito e investimenti pubblici. La crisi era ancora ai suoi albori ed era opinione diffusa che in breve tempo si sarebbe trasformata in una crisi economica e sociale. Così Stati Uniti, Germania e Regno Unito facevano grossi investimenti per contenere i danni, mentre in Italia si reagiva diffondendo ottimismo perché tanto “i ristoranti sono pieni”. In quelle condizioni era d’obbligo per il centrosinistra italiano un cambio di passo: porre fine ad una sudditanza ideologica e riprendere l’idea che solo con il sostegno alle categorie economicamente più deboli si poteva uscire dalla crisi.

L’Italia Bene Comune ha posto tra i punti forti del suo programma il taglio delle tasse ai redditi da lavoro dipendente, proseguendo peraltro una politica già avviata dal secondo governo Prodi. Bersani non ha comunicato efficacemente la validità di questa proposta, perdendosi nell’inseguimento di Mario Monti. Matteo Renzi invece c’è riuscito alla grande con i famosi 80 euro, un provvedimento che ha fatto sperare in un cambio verso. E ne ha ottenuto anche un ritorno in termini elettorali alle recenti europee. Su quella linea si dovrebbe proseguire fornendo sostegno anche a un’altra categoria produttiva, economicamente debole, cioè le partita IVA.

Nel suo discorso di dimissioni, Walter Tocci, ha ben spiegato come sia in corso una “mutazione genetica” della categoria del lavoratore. Il lavoratore autonomo è spesso un’evoluzione del lavoratore dipendente e merita delle politiche sociali ad hoc. Ma nei mesi successivi DL competitività, lo Sblocca-Italia e il Jobsact hanno segnato un nuova linea che prevede sostegno alle grandi attività imprenditoriali, anche a discapito della più grande risorsa a nostra disposizione, cioè l’ambiente. Si torna quindi all’idea reaganiana che solo sostenendo l’offerta del mercato si possa determinare crescita e benessere.

Forse la presidenza di turno dell’UE non ha sortito gli effetti sperati e il cambio verso a Bruxelles non è riusciuto. Quando Renzi sostiene che qualcuno dovrebbe spiegare perché “con tutto l’articolo 18 abbiamo una disoccupazione a doppia cifra che cresce in questo paese”, io gli chiedo di spiegare, a lui ma soprattutto ai suoi alleati di governo, perché la riforma Treu e la riforma Maroni non hanno portato nuova occupazione come nei loro propositi, ma anzi hanno peggiorato le cose. Forse lì troverebbero ispirazione per una nuova agenda di governo.

mercoledì 17 settembre 2014

La (im)mobiltà (in)sostenibile della Giunta Contini

Anche il Comune di Quartu Sant'Elena partecipa alla Settimana Europea della Mobilità Sostenibile, attraverso una campagna di comunicazione che comprende iniziative ed eventi pubblici per sensibilizzare i cittadini all'uso di mezzi ecologicamente sostenibili.

Lodevole iniziativa, per carità. Rimane fondamentale coinvolgere i cittadini e fargli sentire propria una battaglia per il risparmio energetico e la tutela ambientale. Ma mentre il Comune di Settimo si prepara a inaugurare il prossimo 30 settembre la linea di Metropolitana che offrirà ai suoi cittadini un veloce collegamento con Monserrato, e quindi anche Cagliari e a breve anche il Policlinico; mentre Cagliari investe in maniera decisa sulle piste ciclabili; c'è da chiedersi cosa ha fatto in questi anni l'Amministrazione di Quartu Sant'Elena su trasporti pubblici, ciclabilità e pedonalizzazione.

TRASPORTI PUBBLICI

Sulla Metropolitana non si è fatto alcun passo avanti. Il progetto regionale prevede una Linea Verde di 13 Km che colleghi Pitz'e Serra con la stazione di San Gottardo di Monserrato e una Linea Azzurra  di 8 Km che colleghi sempre Pitz'e Serra con il Poetto. Sono previste ulteriori linee che colleghino la città con Selargius e Quartucciu. In questi anni di Amministrazione congiunta del centro-destra alla Regione e al Comune non abbiamo visto nulla in questa direzione. Abbiamo assistito a semplici dichiarazioni di intenti, a scambi di accuse per nascondere una immobilità evidente. Non si è mai avuta l'impressione che questa Amministrazione e la Regione avessero davvero a cuore la realizzazione delle linee metro.
Sul fronte autobus è stata istituita una nuova linea estiva gratuita che porta i 'quartesi e non' in spiaggia. Una linea di cui si può usufruire dopo registrazione presso il Comune e che serve sostanzialmente a giustificare un piano della sosta esoso nei confronti dei bagnanti


CICLABILITA'

Uno dei primi atti di questa Giunta è stato eliminare la pista ciclabile in via San Benedetto e poi promettere investimenti. A oggi esiste una postazione di bike-sharing all'ingresso del Parco di Molentargius ancora inattiva. Nessun chilometro ciclabile è stato realizzato in questi anni. Eppure i fondi esistono. Due finanziamenti europei, per un totale di un milione di euro, sono da tempo in cantiere per realizzare nuove piste. Fino a poco tempo fa sono stati tenuti fermi, forse perché, a pensar male, si pensava di utilizzarli per altro (vedi vicenda stadio). Riusciremo a vedere qualcosa in questo anno di campagna elettorale? Benvenga, ma non servirà a coprire le mancanze di questa Giunta.


PEDONALIZZAZIONE

Su questo non mi sento di attribuire responsabilità a questa Giunta, ma a partiti, associazioni e commercianti che non hanno saputo creare un clima favorevole all'estensione di aree pedonabili nel centro abitato. Se penso a una via del commercio, penso a Via dei Condotti a Roma o Via della Spiga a Milano, o - per rimane in casa nostra - a Via Garibaldi a Cagliari o all'estiva Via del Mare a Villasimius. Qui invece pensiamo che una chiusura possa danneggiare le attività commerciali, mentre nelle realtà suddette ne traggono notevoli benefici. Forse è il caso di fare tutti insieme una riflessione a proposito e realizzare a Quartu una vera via del commercio  che sia in grado di competere con i centri commerciali. Una strada ovviamente chiusa al traffico.

mercoledì 10 settembre 2014

Quali temi e quale segretario per il PD Sardegna

Si appresta a conclusione il lungo e largo percorso de La Traversata della Sardegna. A due mesi dalla primarie che eleggeranno la/il nuova/o segretaria/o e il nuovo gruppo dirigente del Partito Democratico Sardo è l’unico processo aperto e partecipato di cui si abbia conoscenza. Sarà proprio per questo motivo che ha contenuti fortemente innovativi, e fino a ora gli unici  di questo imminente Congresso. A dimostrazione che La Traversata ha cercato prima di tutto di produrli – i contenuti – e di renderli noti, mettendo in secondo piano l’incarnazione di donne e uomini che li dovranno portare a compimento.
La Traversata si è concentrata sull’organizzazione del partito, producendo argomenti forti che mettono in discussione anche il rapporto con il partito nazionale. Si richiede un rinnovamento dell’ordinamento interno con l’abolizione della direzione regionale e la conservazione dell’assemblea, eletta dai cittadini con le primarie e unico organo decisionale del partito. Si risolverebbe così una questione controversa e ipocrita che ha visto sino a oggi l’elezione diretta di un’assemblea che di fatto non ha nessun ruolo, in quanto nella pratica gli viene sistematicamente scippato da una direzione nominata dai  leader di riferimento.
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A fianco di essa si richiede l’istituzione di una assemblea regionale dei segretari di circolo, che abbia un forte ruolo organizzativo e di coordinamento. Suo compito sarà di facilitare il coordinamento durante le campagne elettorali e di territorializzare i dibattiti di larga scala: regionale, nazionale ed europeo. Quando il partito avrà bisogno di avere un resoconto sullo stato d’animo dei territori, non si affiderà ai sondaggi, ma proporrà un dibattito capillare attraverso i suoi circoli.
Altra questione importante è il rapporto dei giovani e della giovanile con il partito. L’avvicinamento dei giovani è assolutamente necessario e la giovanile può costituire il primo passo, ma non deve diventare una parcheggio o una riserva indiana, né uno strumento per la creazione di poltrone e/o carriere. I giovani devono dedicare la loro attività e il loro impegno a ciò che avviene nel partito e occuparsi da subito – dopo un veloce apprendistato – delle questioni dei “grandi”. Per questo motivo si intende escludere le quote di riserva della giovanile dagli organismi del partito. Un giovane che voglia assumere ruoli dirigenti lo dovrà fare con una candidatura diretta. Sarà possibile iscriversi al partito a costi ridotti per soli 5 anni e comunque fino a massimo 25 anni. Gramsci, Lussu e Gobetti non ebbero bisogno di nessuna giovanile per emergere nello scenario politico e diventare protagonisti della storia del nostro Paese. Il coraggio e la sfrontatezza dei giovani – oggi come allora – devono diventare un fattore modernizzante della nostra società e non essere relegato in un baby-parking.
Tanti altri sono gli argomenti innovativi de La Traversata e per questo motivo non possono essere rappresentati da chi ha guidato il partito sino a oggi.

I risultati delle ultime regionali parlano chiaro. Il PD è riuscito a perdere consenso elettorale rispetto al 2009, nonostante stavolta si sia vinta la contesa e allora invece no. Si potrebbe giustificare questa flessione con l’astensione elettorale, ma il passo indietro non si è registrato solo nel numero assoluto di voti, ma anche in numero percentuale. Il PD è passato dai 204mila voti del 2009 ai 150mila del 2014, e – nonostante una percentuale complessiva di votanti scesa dal 67 al 52 per cento – la sua percentuale è scesa del 24,73% al 22,06%. Questi sono i dati che mostrano le difficoltà del PD di farsi interprete delle istanze dei sardi. Il contributo determinante dei partiti sovranisti, il risultato lusinghiero di Sardegna Possibile, mostrano l’esigenza di un Partito Democratico Sardo che sia realmente autonomo e capace di affiancare questa Giunta e questa maggioranza nelle contese con il governo nazionale dei prossimi anni.
Queste istanze richiedono una guida a tempo pieno ed una netta separazione tra ruoli politici e ruoli di governo. Il Presidente Pigliaru e la nostra esperienza di governo hanno bisogno di un Partito Democratico capace di supportarne l’operato, di incalzarla e di fare elaborazione, capace – in un ottica di governo di lungo periodo – di disegnare la Sardegna del futuro.
Una guida capace di tenere insieme la variegata maggioranza che sostiene un Presidente che il PD ha voluto e che gli ha garantito un’insperata resurrezione. Una candidatura che abbia anche il proposito di modificare gli assetti e l’organizzazione del partito in modo da farsi interprete di istanze che avanzano nella società sarda e di creare una rinnovata classe dirigente in grado di proporsi con credibilità agli elettori.

martedì 26 agosto 2014

I "terroristi" aiutano gli Stati Uniti nella battaglia contro l'ISIS in Iraq

Washington ha acquistato uno sgradito alleato nella sua battaglia contro l'ISIS in Iraq - un gruppo di combattenti formalmente classificati come terroristi.
Il fuorilegge Partito dei Lavoratori Curdi (PKK), condannato per la sua tri-decennale ribellione contro lo Stato turco, sostiene di aver giocato un ruolo decisivo nello spuntare il movimento dei militanti ISIS verso l'Iraq, che hanno innescato i bombardamenti USA per fermare la loro avanzata.
"Questa guerra continuerà fino a quando elimineremo l'ISIS" dice Rojhat, un combattente PKK, da un letto di ospedale in Arbil, la capitale della regione curda in Iraq. 
Il coinvolgimento del PKK ha conseguenze non solo per i rivali delle fazioni curde, che hanno fallito nel fermare l'avanzata ISIS, ma anche per la Turchia e la comunità internazionale, che sono pressate dal PKK per rimuovere l'etichetta di terroristi.
Rojhat, 33 anni, è stato ferito per la terza volta, dall'ISIS, nella battaglia per la riconquista nell'Iraq settentrionale della città di Makhmur dopo che i militanti - ritenuti troppo estremisti anche da Al-Qaeda -  hanno incontrato sulla loro strada le vantate milizie curde peshmerga. 
Le prime due volte stava combattendo contro le forze turche, parte di un conflitto che ha ucciso 40mila persone dall'inizio, nel 1984, con la richiesta dell'indipendenza dalla Turchia, fino alla tregua di marzo 2013.
Il suo ruolo evidenzia la sfida che il PKK rappresenta per Ankara, che ancora li vede come terroristi ma si sente seriamente minacciata dall'ISIS che ha sequestrato dozzine di suoi cittadini e decapitato un ostaggio americano questa settimana.
Grazie a Rojhat e ai suoi compagni d'armi, i residenti di Makhmur che fuggivano in preda al terrore in un attacco che minacciava Arbil, distante 60 km, sono ora ritornati per valutare i danni.
Hanno già provveduto a cancellare graffiti che recitavano: "L'ISIS è qui per restare".
"Non si tratta solo di Makhmur, si tratta di tutto il Kurdistan" dice il comandante PKK Sadiq Goyi, seduto sotto un poster del leader incarcerato Abdullah Ocalan, riferendosi al territorio abitato dai curdi in Iran e in Siria, così come in Turchia e in Iraq.
"L'ISIS è un pericolo per tutti, noi lo combatteremo ovunque"
Un gruppo armato fratello del PKK - Unità di Difesa del Popolo (YPG) - si è ritagliato una zona autonoma nella Siria nordorientale e ha evacuato migliaia di Yazidi bloccati su una montagna con poca acqua e poco cibo.
"Il PKK è il nostro eroe" dice il 26enne Hussein, uno dei centinaia di Yazidi addestrati dai combattenti YPG nei campi in Siria allo scopo di combattere l'ISIS.
I comandanti PKK ritengono che la guerriglia abbia spostato la linea del fronte anche nelle città di Kirkuk e Jalawla.
Hanno rifiutato di dare numeri e i feroci combattimenti rendono le loro dichiarazioni difficili da verificare. 


GUERRA PSICOLOGICA



Le forze di sicurezza turche cominciarono negli anni '90 a sgomberare i villaggi sospettati di simpatizzare per il PKK, deportando migliaia di curdi, alcuni dei quali fuggivano dall'Iraq e si accampavano a Makhmur, recentemente diventata base della guerriglia PKK.

La parola "Apo", soprannome di Ocalan, è scarabocchiata sui muri attorno al campo, che ospitava più di 10mila persone fino all'incursione ISIS.
Una coppia solitaria di calze ciondola da un filo della biancheria e grappoli di uva non raccolti cominciano ad avvizzire sulla vite. Si può sentire il rumore sordo dell'artiglieria dalla nuova linea del fronte con lo Stato islamico, distante diversi chilometri.
L'ondata dei militanti ISIS verso il Kurdistan ha distrutto l'aura di invincibilità che circondava i guerrieri peshmerga della regione, che non combattevano da diversi anni e in definitiva non si sono dimostrati all'altezza dei guerrieri armati con armi saccheggiate dall'esercito iracheno.
Tuttavia i comandanti PKK ritengono che l'arma principale dei miliziani ISIS sia la paura: "Intraprendono una guerra psicologica" dice Goyi "lo Stato islamico non è così forte come crede di essere".
Il ritrovato ruolo del PKK può rivelarsi più preoccupante per il suo storico rivale: il Partito Democratico Curdo (KDP). Hanno rivaleggiato a lungo per la guida della comunità curda lungo i confini con Siria, Iraq, Turchia e Iran.
Con le forze curde di tutti e 4 i Paesi che combattono insieme per la prima volta, per ora almeno, la guerriglia PKK e peshmerga sta fianco a fianco nei checkpoints della strada per Makhmur. 
Ma le tensioni non sono molto al di sotto della superficie.
Un ufficiale anziano del KDP ritiene che il coinvolgimento del PKK scoraggerà la comunità internazionale a fornire armi avanzate da contrapporre all'arsenale ISIS.  "Non abbiamo bisogno di loro"dice del PKK, accusandolo di cercare di screditare il KDP.
Il guerrigliero ferito Rojhat ritiene il PKK più organizzato e disciplinato dei peshmerga, e la loro tattica più adatta a combattere gli ISIS, anche senza il supporto militare che gli iracheni curdi stanno cercando.
"In questo modo abbiamo combattuto l'esercito turco per anni" dice Rojhat "la guerra è un atto di fede"


NON C'E' BISOGNO DI PANICO



Ankara ha fatto un piccolo commento sull'ultimo conflitto in Iraq, in replica alle accuse, dove nega fermamente che il suo supporto agli oppositori sunniti del Presidente siriano Assad abbia aiutato l'ISIS a crescere e a temere per le dozzine di suoi cittadini che i miliziani hanno catturato.

Ma i funzionari turchi minimizzano la preoccupazione che il PKK  possa essere incoraggiato dal suo ruolo in Iraq, verso una coinvolgente agitazione in Turchia, e vede la lotta contro lo Stato islamico come una questione separata dallo scontro con Ankara per la difesa dei diritti dei curdi.
"In Iraq c'è una crisi e il PKK è impegnato lì in questa lotta contro l'ISIS insieme ad altri elementi" dice a Reuters un vecchio funzionario del governo turco, aggiungendo che non ritiene permanente il loro impiego.
"Non c'è paura di una divisione della Turchia o di una unificazione dei curdi al di là dei nostri confini. Fino a quando non ci sarà una richiesta espressa dal PKK in Turchia tramite un conflitto armato o violenza, non c'è bisogno di panico" dice il funzionario turco, facendo richiesta di anonimato per potersi esprimere più liberamente.  
Il vice Primo Ministro turco Besir Atalay ha detto che questa settimana il governo turco terrà colloqui diretti con i guerriglieri, il cui leader Ocalan è incarcerato nell'isola del Mar di Marmara. Proporrà un piano che prevede il disarmo e la reintegrazione dei combattenti nella società turca.
Il PKK vede il vecchio e il nuovo nemico molto vicini tra loro, e accusa la Turchia di finanziare e inviare islamisti per combattere i Curdi in Siria, accuse che Ankara respinge.
Ma ha ritirato la sua richiesta di uno Stato indipendente nella Turchia sud-orientale in cambia di una devoluzione di potere in ognuno dei 4 Paesi nei quali i Curdi sono divisi.
Un diplomatico europeo ad Ankara dice che il PKK vede le sue azioni in Iraq, in particolare il suo aiuto nella protezione dei membri della comunità yazida, come un contributo per una spinta diplomatica che persuada l'Unione Europea a rimuoverlo dalla lista dei gruppi terroristi.
"E' davvero paradossale che un'organizzazione proscritta come gruppo terrorista dall'UE mostri di aver avuto un ruolo significativo (contro lo Stato islamico)" dice il diplomatico.
"Stanno sfidando la base giuridica su cui l'UE li ha proscritti in prima istanza. Vedono tutto ciò che è successo nei giorni scorsi come acqua al  loro mulino"
L'UE, ad ogni modo, molto improbabilmente farebbe qualsiasi passo senza un accordo con la Turchia, dice il funzionario.
"I Turchi saranno fortemente contrari. Non siamo in una fase in cui la Turchia sia disposta a prendere in considerazione qualcosa di simile, assolutamente no"


Isabel Coels (Reuters)

http://www.reuters.com/article/2014/08/21/us-iraq-security-pkk-insight-idUSKBN0GL1H420140821

sabato 23 agosto 2014

Grandi manovre. Riformatori e UDC in cerca di alloggio?

Qualche giorno fa in Consiglio comunale si è votato su un odg proposto dal PD che chiedeva di destinare 700mila euro ai bandi per la povertà. La maggioranza ha votato contro, dimostrando poca sensibilità per i problemi che vivono i cittadini più deboli. Ma, per chi ha interesse verso le dinamiche politiche in corso, c’è anche un’altra notizia. Riformatori e UDC non hanno votato con la maggioranza e hanno abbandonato l’aula (i Riformatori non si sono presentati). Un nuovo atto di rottura, dopo quello del sindaco Contini che li ha esclusi dalla Giunta. Pare non abbia ricevuto le dovute garanzie di un loro appoggio in vista delle elezioni amministrative del prossimo anno. Si legge quindi tra le righe che Riformatori e UDC siano alla ricerca di una nuova collocazione politica, non si sa se autonoma o in alleanza con il centrosinistra. Grandi manovre in corso.


Immagine in evidenza

È diventata ormai una prassi della politica quartese quella di cambiare collocazione a pochi mesi dalle elezioni. Fiutare il vento e schierarsi dalla parte degli annunciati vincitori assicura così a diversi personaggi della politica quartese la sopravvivenza da diverse consiliature. Sarebbe bene che si assumessero per una buona volta la responsabilità dell’azione amministrativa che hanno sostenuto fino a qualche giorno fa e saranno poi gli elettori a decidere se premiarli o punirli. Farebbero una favore a tutta la città, rendendo chiari meriti e demeriti. E anche a loro stessi, che magari all’opposizione gli si schiariscono le idee. Queste manovre politiche da prima repubblica hanno la colpa di aver bloccato lo sviluppo della città per anni, lasciandola in mano a consolidati gruppi di potere, interessati unicamente alla loro sopravvivenza.

Anche il PD deve stare bene attento a non farsi tentare da soluzioni comode e magari anche vincenti nel breve termine, ma che rischiano di pregiudicare la chiarezza e la credibilità di tutta la coalizione con scelte poco comprensibili e gradite alla maggior parte dei cittadini. Le vicende degli ultimi anni hanno dimostrato come le somme algebriche non funzionino in politica. Nelle politiche 2013 il flirt tra Bersani e Monti si è rivelato dannoso, mentre nelle regionali di febbraio l’esclusione del Psd’Az in cerca di redenzione, si è rivelata vincente. Inoltre in caso di vittoria elettorale la presenza di forze politiche che si sono negli anni limitate a puntare sul cavallo vincente potrebbe rivelarsi a posteriori limitante dell’azione amministrativa. Nel lungo termine invece queste manovre centriste allo scopo di escludere gli estremismi hanno avuto l’effetto – a Quartu come altrove – di far emergere una forza politica come il M5S che gli estremismi li accoglie e li promuove. E a Quartu il fiato a 5 stelle soffia forte sul collo del PD. Il Movimento in città è solido e organizzato, ha ottenuto ottimi risultati nelle ultime tornate elettorali e una sua vittoria non è fantascienza. Operazioni di palazzo in difesa di stantii interessi e qualsiasi flirt verso queste forze politiche sarebbero a tutto loro vantaggio.

Riformatori e UDC si assumano le responsabilità di questi 5 anni di amministrazione di fronte agli elettori e se hanno qualche critica da esprimere e qualche nodo da sciogliere lo facciano all’interno della coalizione di cui hanno fatto parte fino a qualche settimana fa.

giovedì 24 luglio 2014

Generazione Metropolitana

Sono quartese da diverse generazioni. E in queste condizioni ho potuto conoscere i racconti di una città che in pochi anni è passata dall’essere un piccolo paese agricolo a un grande centro di servizi. Da quando ci voleva un’intera giornata di cammino per andare e tornare da Cagliari, sono cambiate parecchie cose.

Quartu è cresciuta a dismisura, in particolar modo negli anni ’80. La speculazione edilizia ha fatto nascere interi quartieri come Pitz’e Serra, e ha portato la popolazione da 30mila a 60mila abitanti nello spazio temporale di vent’anni (censimenti 1971-1991). Oggi gli abitanti sfiorano le 70mila unità, ma la città non è ancora riuscita a modificare la visione e la prospettiva di sé stessa. Rimane condizionata dal suo campanilismo e dal suo primordiale spirito agricolo e vive il confronto con il territorio circostante con conflittualità. Pesa l’assenza nel dibattito cittadino dei neoquartesi, principalmente cagliaritani trasferitisi nel nostro borgo, che faticano a vivere la città con protagonismo.

Proprio loro possono essere i promotori del cambiamento di questa città verso una dimensione metropolitana; una nuova cittadinanza dove il confine tra quartese, cagliaritano, selargino, etc. è sempre più labile e indefinito. L’incremento del numero di abitanti ha generato una crescita dei servizi tale che oggi non ci sono solo i quartesi che lavorano a Cagliari, ma anche i cagliaritani che lavorano a Quartu. Il nuovo cittadino dell’Area Vasta è quindi metropolitano.

Un contributo significativo in questo cambio di visione possono e devono darlo quei cittadini che fanno parte della cosiddetta generazione Erasmus, cioè quei giovani e meno giovani che hanno visto il mondo e hanno sviluppato uno sguardo aperto verso tutte le realtà che ci circondano. Loro, insieme ai neoquartesi, formano la Generazione Metropolitana.

http://cambiamoquartu.wordpress.com/2014/07/21/generazione-metropolitana/

lunedì 21 luglio 2014

Le responsabilità dell'Europa in Medio Oriente

L'Europa ha grandi responsabilità per quanto avviene ed è avvenuto in Medio Oriente.

Israele è la testa di ponte che gli assicura il controllo di una regione ricca di risorse energetiche, pur nel rispetto del principio di autodeterminazione dei popoli. Allo stesso tempo gli consente di lavarsi la coscienza da una secolare cultura antisemita che ha generato i marrani, i ghetti e infine l'Olocausto. Due piccioni con una fava.

Non riesco quindi a indignarmi verso due popoli che storicamente lottano per la loro sopravvivenza.

Mi indigno invece per il redivivo spirito colonialista che anima l'Occidente. Dietro i propositi di una missione civilizzatrice, sin dall'Ottocento si è sentito autorizzato a depredare popoli lontani delle loro risorse, imponendo usi e costumi, spesso stravolgendo l'ordine costituito. Oggi appoggia governi comodi a rappresentare i suoi interessi ed Israele è uno di questi.

Mi indigno anche per l'Oremus et pro perfidis Judaeis praticato dalla Chiesa Cattolica dal VI sec. fino al 1958. Di fatto una legittimazione a tutto il disprezzo verso un popolo accusato di essere deicida. Il sionismo è la naturale e giustificata conseguenza di un popolo perseguitato alla ricerca della sua salvezza.

Per questi motivi, di fronte alle immagini e alle urla che provengono dal Medio Oriente, l'Europa non può girarsi dall'altra parte, non può puntare il dito verso nessuno, se non verso sé stessa.
La Dichiazione Balfour del 1917.
Il governo britannico riconosce il diritto ai primi insediamenti ebraici in Palestina

domenica 4 maggio 2014

Quando al massimo si cantava "chi non salta milanista/juventino é"

Una cosa che mi stupisce degli ultras, avendo frequentato la curva, è che molti di loro non hanno mai calcato un campo di calcio. Quello vero, dove si respira l'aria di terra battuta, dove si indossano i colori di una squadra, dove si sottosta alle regole e all'autorità di un arbitro. E se si fa i prepotenti si viene cacciati dal campo. E nella quasi totalità dei casi l'idiota sei tu, per la tua squadra, per i tuoi avversari e per te stesso.

Nel rettangolo di gioco si impara a vincere insieme, si impara a darsi una mano, si impara a considerare sé stessi l'anello di una catena. Ma soprattutto si impara ad accettare il risultato del campo, ad accettare la sconfitta, a rispettare i propri avversari e a considerarli parte fondamentale del divertimento e della gioia di questo sport. Grazie a loro puoi misurare te stesso e puoi porti delle sfide. Per questo ho imparato negli anni a ringraziare i miei avversari prima e dopo una partita. Manca cultura sportiva nei nostri stadi. Troppo calcio in tv, troppo poco sport praticato

Negli anni le cose sono andate peggiorando. Ricordo quando mio padre mi portava allo stadio. Si inneggiava alla squadra e ai giocatori in una festa di colori, di sciarpe e di bandiere. Anche fumogeni. Il massimo dello sberleffo dell'avversario era "chi non salta milanista/juventino é" e tutti a saltellare, si faceva la ola oppure si cantava sotto la pioggia "o portiere, portiere bagnato, la tua porta Paolino ha bucato".


Oggi invece negli stadi si canta "onore ai diffidati", "stampa isolana, figli di puttana" "chi non salta è uno sbirro" "Pisanu/Maroni/Zedda pezzo di merda" etc. Non si insultano più neanche gli avversari, ma le istituzioni in un calderone di inciviltà. E allo stadio ci sono sempre meno spettatori. Poi guardi una partita del campionato inglese, tedesco o spagnolo e lo stadio è pieno, lo spettacolo in campo migliore, i tifosi appassionati ma composti.

Quello che c'è nelle nostre curve non è passione per lo sport. Bisogna costruire cultura sportiva.