sabato 17 gennaio 2015

Una Rivoluzione Liberale per Quartu

Quando partecipai alle prime primarie del Partito Democratico nel 2007 (quelle di Veltroni, per intenderci) avevo un'idea più o meno chiara del PD che volevo e sognavo. Lo immaginavo come un partito popolare, un partito liberale di massa, uno strumento di partecipazione al servizio dei cittadini. Auspicavo che superasse il partito novecentesco: ideologico, classista ed elitario. Speravo insomma che portasse un'emancipazione generale, un nuovo civismo, una Rivoluzione Liberale. Lo stesso Gobetti esprimeva ammirazione per il movimento comunista, come movimento di liberazione di cittadini oppressi (i lavoratori) che prendevano coscienza di sé, si emancipavano e aspiravano a farsi Stato. Ma oggi quella esperienza appartiene al passato. La società si è evoluta: sempre più articolata e segmentata, non può esistere un grande partito popolare che rappresenti gli interessi di una sola categoria sociale. È necessario invece un partito che rappresenti diversi interessi, che crei strumenti che ne dirimano i conflitti e li convogli dentro di sé. In questo processo le primarie sono strumento fondamentale e parte integrante.


Un processo che si realizza per tappe, con tempi diversi in luoghi diversi. Tempi molto dilatati nella città di Quartu, dove il PD, confrontato con il suo omologo nazionale e regionale, mi pare l'esempio più calzante di cattocomunismo, di chiusura verso tutto ciò che viene dall'esterno, nella convinzione che élite autoproclamatesi siano in grado di decidere cosa è meglio per tutti. Convinzione figlia di un'idea di Stato e e di partito patrigni, che benevolmente concedono al figlio ciò di cui ritengono abbia bisogno. In questo senso va la decisione presa nei giorni scorsi. L'assemblea cittadina ha approvato un ordine del giorno che consente a un iscritto del PD di candidarsi a sindaco, unicamente con le firme del 20 per cento degli iscritti o del 35 per cento dell'assemblea cittadina, appellandosi all'art.18 dello Statuto nazionale. Una scelta magari giuridicamente legittima, ma politicamente inappropriata. Una scelta che contrasta con la natura stessa del PD, che nasce per portare al suo interno i fermenti presenti nella società, che diventi spazio per proposte politiche costruite dal basso, autonomamente e senza l'imprimatur di alcuno, dove le primarie rappresentano lo strumento per misurarne la validità. Perché sono gli elettori a dover valutare la bontà di una proposta politica. Laddove non avviene, tali fermenti trovano spazio altrove e non per caso proprio a Quartu abbiamo il M5S più forte in Sardegna. Di contro, a un non iscritto al PD basteranno qualche centinaio di firme di semplici elettori, realizzando così il paradosso che gli sarà più facile candidarsi rispetto a un iscritto PD. 

Invece che costruire ponti, si costruiscono muri. 

Non propriamente quello che mi aspettavo da un partito del nuovo millennio, non propriamente una Rivoluzione Liberale.

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