Era il 2001 quando mi decisi a fare attivamente attività politica e decisi di farla dentro un partito e una coalizione destinati a perdere le elezioni. Presi quella decisione spinto dal sacro fuoco che già da tempo ardeva in me, per dare il mio contributo nella costruzione di un mondo migliore e scelsi il partito a cui avevo sempre consegnato il mio voto: i Ds (prima Pds). Il mio sogno era quello di migliorarlo questo partito, di modellarlo secondo le mie idee.
Una volta dentro ho capito che non sarebbe stato facile realizzare i miei obiettivi, ho imparato che anche dentro il tuo partito nessuno la penserà mai come te su tutte le cose, ho capito che chi fa politica è un uomo come tutti e non un essere superiore privo di emozioni quali invidia, ambizione e narcisismo. Spesso mi è capitato di temere di farmi dominare io stesso da questi sentimenti ma chi fa politica deve imparare anche a controllarsi. Perché mettere d'accordo un gruppo di persone che pensano autonomamente, colte o meno, è veramente difficile; ma bisogna avere la pazienza di provarci sempre, l'umiltà di mettere da parte il proprio orgoglio e la forza di non mollare mai per realizzare un bene supremo: un progetto politico condiviso.
Capita spesso poi che chi esercita ruoli di rilievo si lasci prendere la mano in delirio di onnipotenza, anche quando esercita cariche ridicole: il potere logora chi ce l'ha, dà una soddisfazione che rischia di travolgere l'essere umano. Dentro un partito ho capito quanto può essere piccolo un uomo se agisce da solo e quanto può essere potente se agisce affiancato da altri uomini e donne, ho capito quanto il dialogo sia uno strumento in grado di produrre forza e potenza, ho capito il valore dell'associazionismo( un partito è prima di tutto un'associazione).
Per questo non capisco chi denigra il ruolo di questi organismi: si può criticare un dirigente di partito, si può criticare un partito, un sistema partitico; ma non l'idea di partito.
Troppo facile parlare a vanvera, offrire soluzioni demagogiche: nel criticare siamo tutti bravissimi. Molto più difficile invece confrontarsi con i problemi reali e proporre soluzioni: lì sì che emergono le difficoltà, le incomprensioni, la diversità delle posizioni, i nemici.
Oggi D'Alema ha detto che senza i partiti esistono solo i militari e le sue parole mi hanno ricordato quelle di Tocqueville che nel suo "L'Antico Regime e la Rivoluzione" prevede che, una volta finita la spinta rivoluzionaria, sarà un Generale militare a prendere il potere perché, nel vuoto di potere creatosi, l'unico in grado di esercitare una forza coercitiva. Grillo quindi come Robespierre cerca di abbattere un sistema, ma chi sarà il nostro Napoleone?
Quando i candidati di Grillo assumeranno gli onori delle cariche politiche si confronteranno con i duri e pesanti oneri che ciò comporta e senza preparazione, spirito di sacrificio e struttura organizzativa imploderanno lasciando alle loro spalle solo terra bruciata: non bastava Forza Italia?