domenica 30 novembre 2014

In risposta al segretario Renzi: “Questo governo non fa cose di sinistra"

Mi spiace, caro segretario, ma questo governo non fa cose di sinistra. Non lo fa perché cerca di reagire agli effetti della crisi con le stesse cause che l’hanno determinata.



La crisi finanziaria del 2007 mi fece credere che in molti avrebbero finalmente riconosciuto il fallimento del liberismo reaganiano, ideologia dominante dagli anni ’80 in poi. Talmente dominante che ormai anche il centrosinistra italiano ne era divenuto succube. In quei giorni, persino il viceministro dell’Economia in quota AN, Mario Baldassari, arrivò a dichiarare in diretta TV che la soluzione alla crisi si poteva trovare con una rispolverata della teorie economiche keynesiane: sostegno al reddito e investimenti pubblici. La crisi era ancora ai suoi albori ed era opinione diffusa che in breve tempo si sarebbe trasformata in una crisi economica e sociale. Così Stati Uniti, Germania e Regno Unito facevano grossi investimenti per contenere i danni, mentre in Italia si reagiva diffondendo ottimismo perché tanto “i ristoranti sono pieni”. In quelle condizioni era d’obbligo per il centrosinistra italiano un cambio di passo: porre fine ad una sudditanza ideologica e riprendere l’idea che solo con il sostegno alle categorie economicamente più deboli si poteva uscire dalla crisi.

L’Italia Bene Comune ha posto tra i punti forti del suo programma il taglio delle tasse ai redditi da lavoro dipendente, proseguendo peraltro una politica già avviata dal secondo governo Prodi. Bersani non ha comunicato efficacemente la validità di questa proposta, perdendosi nell’inseguimento di Mario Monti. Matteo Renzi invece c’è riuscito alla grande con i famosi 80 euro, un provvedimento che ha fatto sperare in un cambio verso. E ne ha ottenuto anche un ritorno in termini elettorali alle recenti europee. Su quella linea si dovrebbe proseguire fornendo sostegno anche a un’altra categoria produttiva, economicamente debole, cioè le partita IVA.

Nel suo discorso di dimissioni, Walter Tocci, ha ben spiegato come sia in corso una “mutazione genetica” della categoria del lavoratore. Il lavoratore autonomo è spesso un’evoluzione del lavoratore dipendente e merita delle politiche sociali ad hoc. Ma nei mesi successivi DL competitività, lo Sblocca-Italia e il Jobsact hanno segnato un nuova linea che prevede sostegno alle grandi attività imprenditoriali, anche a discapito della più grande risorsa a nostra disposizione, cioè l’ambiente. Si torna quindi all’idea reaganiana che solo sostenendo l’offerta del mercato si possa determinare crescita e benessere.

Forse la presidenza di turno dell’UE non ha sortito gli effetti sperati e il cambio verso a Bruxelles non è riusciuto. Quando Renzi sostiene che qualcuno dovrebbe spiegare perché “con tutto l’articolo 18 abbiamo una disoccupazione a doppia cifra che cresce in questo paese”, io gli chiedo di spiegare, a lui ma soprattutto ai suoi alleati di governo, perché la riforma Treu e la riforma Maroni non hanno portato nuova occupazione come nei loro propositi, ma anzi hanno peggiorato le cose. Forse lì troverebbero ispirazione per una nuova agenda di governo.