venerdì 25 gennaio 2008

Prodi cade in piedi: elogio funebre e sguardo al futuro

Aver portato la crisi nelle aule parlamentari è una nota di merito per Romano Prodi. In un momento difficile e di fronte a una sconfitta annunciata ha dato all' Italia un'immagine di serietà sulla linea dello slogan che lo ha portato a vincere appena 20 mesi fa. Romano Prodi ha resistito strenuamente alle tensioni di una maggioranza troppo eterogenea dove i suoi alleati si lanciavano insulti e accuse un giorno sì e l'altro pure. E' riuscito a tenerli insieme e a governare, a fare qualcosa di buono per l' Italia ma ancora una volta non è riuscito a portare a termine il suo lavoro. La fine di Prodi indica la fine di una fase politica incentrata sullo sconto tra antiberlusconiani e anticomunisti, una fase dove si cerca di imbarcare più alleati possibili allo scopo di sconfiggere l'avversario. Come dice il Ministro Ferrero "il governo non è un fine ma un mezzo" e per incidere sulla società italiana non è necessario stare al governo come dimostra la storia del Partito Comunista Italiano che mai stette al governo ma difficilmente si può sostenere che non ebbe un ruolo nella costruzione della moderna democrazia. E' la fine di un modello politico che si può definire prodismo, è una fine che ha un valore storico.
Da oggi bisogna lavorare per il domani e mettersi alle spalle il passato. Bisogna completare la transizione iniziata con Tangentopoli che ha decretato la fine della Prima Repubblica. La Seconda Repubblica non è stata capace di perdere i vizi del passato e non ha offerto ai cittadini le risposte che volevano. E' necessario avviare una fase politica volta alla costruzione di una Terza Repubblica.
Si parla tanto della necessità di prolungare questa legislatura al fine di consentire la promulgazione di una legge elettorale o quantomeno che consenta ai cittadini la possibilità di esprimersi con il Referendum. Le riforme son possibili solo se se ne fanno protagoniste le principali forze politiche di questo paese, ossia Pd e Forza Italia. Ovviamente maggiore è il consenso attorno a una riforma, maggiore è la stabilità che è in grado di offrire, ma non si possono pensare accordi che resistano al tempo senza queste due forze. Altrimenti meglio il referendum.
Se ciò non si avverasse tutte le forze politiche dovranno lavorare per prepararsi a nuove elezioni in uno scenario politico in movimento. Mi auguro che Veltroni sappia tenere fede alle sue parole e non si faccia intimidire dalle critiche che gli piovono addosso in questi giorni. E' vero che le sue dichiarazioni sono causa della fine di questo governo e sono state inopportune, intempestive. Ma è anche vero che rappresentano il progetto politico, l'aspirazione del nuovo Partito: ridurre la frammentazione e presentare agli elettori un programma coerente di governo.
Se Veltroni tenesse fede alle sue parole, se queste fossero un espressione di principio e non un atto di arroganza, allora il Pd correrebbe da solo e genererebbe processi incontrovertibili. La "cosa rossa" non potrebbe anch'essa che presentarsi da sola con un proprio candidato visto che non avrebbe niente da guadagnare da ulteriori alleanze. Si potrebbe costituire anche una "cosa bianca" che raccolga gli scontenti dell'Udc, probabilmente l'Udeur e tutti i moderati antiberlusconiani. Ci sarebbe poi il cartello berlusconiano con An, Fi e Lega. Le altre piccole forze scomparirebbero a meno che non trovassero asilo in qualche altra formazione. Per Di Pietro e Boselli la vedo dura perché niente hanno da spartire con la "cosa rossa" e non gli rimarrebbe che scomparire o farsi inglobare nel Pd. Gli effetti del referendum così si realizzerebbero da sé. Il Partito Democratico non deve avere paura di andare all'opposizione perché suo obiettivo non è andare al governo ma cambiare questo paese.

In questo scenario non è così scontato il ritorno di Berlusconi. Il Pd è l'unica forza che si proporrebbe agli elettori come partito, quindi che offrirebbe maggiori garanzie e credibilità nella realizzazione del suo programma che si deve realizzare sostanzialmente in:

  • riforme istituzionali con il rafforzamento e l'elezione diretta del premier
  • riforma elettorale per un doppio turno alla francese
  • perseguimento di un opera di risanamento dei conti pubblici
  • ripresa delle politiche redistributive con riduzione delle tasse per i meno abbienti e politiche per la casa e le famiglie
  • democratizzazione del sistema radiotelevisivo e delle comunicazioni
  • politica estera euromediterranea e europeista
  • apertura verso le novità scientifiche e la società civile

Il Partito Democratico deve essere una forza di sinistra che guarda al centro come avviene in tutti i sistemi bipolari che si basano sull'alternanza. Il perseguimento di una politica prodiana. Il superamento di una fase storica e politica. Oggi è già domani.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido pienamente la tua analisi e soprattutto proponi un'osservazione intelligente sull'anticipazione degli effetti del referendum.
Tuttavia, resta da capire le reali intenzioni dell'Udc: con la legge elettorale in vigore la Cosa Bianca non credo nasca e se Casini si aggiunge alla coalizione di Berlusconi, per il centrosinistra si prospetta una disfatta epocale.
Tuttavia, penso anche che Idv e Ps alla fine si affilino al Pd, rafforzandone il bacino elettorale. Se ciò si verificasse non è da escludere una nuova alleanza Pd-Sinistra Arcobaleno.
Comunque, ancora complimenti per la lucida analisi, priva di "asprezze ideologiche".

Unknown ha detto...

Non so che scelta farà Casini. So però che tanti nel suo partito non disponibili ad accordi con Berlusconi né lui voglia farsi schiacciare sulle posizioni del Cavaliere. La Cdl è un ectoplasma e le sue contraddizioni verrano alla luce in campagna elettorale o dopo. Il Pd metterà luce queste differenze.