martedì 30 ottobre 2007

La fallimentare campagna berlusconiana

Da quando questo governo è in carica non passa giorno che il leader(forse) dell'opposizione parlamentare, Silvio Berlusconi, non si lanci in previsioni nefaste sulla sua tenuta. Alcuni dicevano che non sarebbe andato oltre la finanziaria di un anno fa, altri che sarebbe caduto sul voto per la missione in Afghanistan, altri per il nuovo Stato Sociale e davano manforte alle teorie del Silvio nazionale.
Ma, con lo stupore di tutti(anche il mio), Prodi è ancora in sella, esercita le sue funzioni con un misto di grinta e pazienza e a questo punto prevedere la sua caduta sempre impossibile. Eppure la maggioranza non da assolutamente prova di compattezza. Il voto in Afghanistan si è avuto proprio mentre si discuteva del progetto di allargamento della base statunitense del Dal Molin e dei progetto di legge sulle convivenze civili, tramutatisi da Pacs in Dico. Proprio in quei giorni prevalse una linea moderata anche perché la maggioranza non resse alla prova del voto in Senato. Poche settimane dopo nasceva il PD destinato ad avere nei numeri una forza cannibale nei confronti delle altre forze della maggioranza. Tutto ciò ha indispettito l'ala sinistra della coalizione che si è sentita messa all'angolo e poco presa in considerazione e ha così iniziato a tirare fuori le unghie e vecchi cavalli di battaglia. Nel mentre continuò e continua ancora lo scontro Mastella - Di Pietro dove il Ministro della Giustizia segue una linea berlusconiana e l'altro vuole fare invece il Ministro ombra, fa cioè opposizione (la sua pochezza politica lo porta a sbraitare davanti alle telecamere in cerca di visibilità, invece di farsi valere nei tavoli che contano). In tutto questo trambusto nasce il Pd che perde pezzi a sinistra, con la nascita di Sinistra Democratica, che ha lavorato per ricomporre la frattura con l'ala sinistra, e a destra nascono i partiti personali, quelli di Dini e di Bordon. Il primo in questi giorni si è lamentato che i Liberaldemocratici contano poco in questo governo... Beh, con tre parlamentari non è che si possa pretendere troppo di norma, ma nel Senato odierno sono un enormità e tutti si sentono autorizzati a fare capricci perché indispensabili, con poco senso di responsabilità; basti pensare che dobbiamo affidarci alla benevolenza di Giulio Andreotti.
Nonostante tutto ciò il governo non cade e Berlusconi e la minoranza continuano a chiedere che Prodi si dimetta e che si vada a nuove elezioni. Tipica politica berlusconiana; cerca di impostare la crisi attraverso i mezzi di comunicazione anziché attraverso i mezzi costituzionali. Fa una campagna mediatica anziché combattere in Parlamento. Spesso mi chiedo perché l'opposizione non abbia ancora presentato una mozione di sfiducia del governo Prodi per mandarlo a casa. Basterebbe anche sfiduciare un singolo Ministro, per esempio Mastella e credo che ci siano ottime probabilità di voto positivo in questo caso. Mastella furioso uscirebbe dalla maggioranza e tutti a casa. E' un mezzo legittimo e ineccepibile con cui un Parlamento manda a casa un governo privo di maggioranza. Però tutto questo non accade, perché?
La minoranza è forse ancor più spaccata della maggioranza. Silvio B teme che in caso di un voto di sfiducia qualche franco tiratore possa esserci anche dalle sue parti e che in ogni caso si innescherebbe una spirale che porterebbe sì alla caduta di Prodi ma alla nascita di un governo istituzionale sostenuto da una nuova maggioranza. La stessa cosa temono all' estrema sinistra. Ecco spiegata la sopravvivenza di questo governo: si teme il ritorno a una politica democristiana.
Giorno dopo giorno si rafforza un asse centrale nel sistema politico senza che i loro oppositori possano fare qualcosa. Anzi, qualcosa si potrebbe fare: lavorare per una legge elettorale che, data l'attuale situazione, non potrà che essere elaborata sul modello tedesco. Molto però dipenderà da ciò che deciderà il Pd per ora diviso su due linee: una che punta tutto sul referendum che porterà all'affermazione definitiva di un sistema bipolare maggioritario in caso di esito positivo e l'altra che spinge per un accordo in Parlamento.

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