martedì 13 novembre 2007

Calcio o non calcio, questo è il problema

Negli ultimi tempi negli stadi ormai si era riusciti a mettere la museruola ai tifosi o comunque a farli apparire come il male del calcio e quindi a isolarli. Alla prima occasione hanno cercato di prendersi la rivincita e di mettere a ferro e fuoco gli stadi e le città per dimostrare che sono ancora loro i padroni del calcio. Ma è stato il colpo di coda di una bestia prossima a esser domata, una volta applicato con efficacia il decreto Pisanu e le recenti innovazioni del decreto Amato-Melandri si porrà definitivamente fine al dominio degli stadi di questi personaggi spesso guidati da menti eversive.
Sono un tifoso di calcio da sempre, da quando ero bambino e aspettavo pazientemente il mercoledì di coppa per guardarmi tutte le partite. Poi sono cresciuto e ho iniziato ad andare allo stadio, anche in curva, anche tra gli ultras. Quello che vedevo erano personaggi sbandati, in cerco di un passatempo, poco preoccupati della sorte della loro squadra e molto preoccupati invece di rimarcare la loro identità e di esaltare epicamente il loro scontro con le forze dell'ordine, persone che concepivano la curva come una zona franca o peggio, come un territorio di loro giurisdizione. Si gridava al coro:"onore ai diffidati" che molti cantavano senza conoscerne il significato ma semplicemente perché era bello cantare tutti insieme o:"anche repressi non molleremo". Poi ho smesso perché non mi piaceva mischiarmi a un gruppo di sbandati e stanco di dover rischiare le botte o le cariche della polizia. L'unico vero motivo per cui andavo allo stadio era godermi lo spettacolo del calcio e tifare per la mia squadra del cuore. Da piccolo pensavo che i veri tifosi fossero loro ma mi sbagliavo. Oggi allo stadio non vado più, forse perché ci vedo ormai poco di spettacolare, ma anche perché mi fa rabbia sentire me, la partita e il mio sport ostaggio di quei beoni e ancor più fastidio mi da essere sottoposto alla legge della curva.
Sogno uno stadio all'inglese, a contatto con i giocatori, dove tutti stanno seduti, senza striscioni o bandiere spesso utilizzati come corpi contundenti. I colori della squadra si possono portare ugualmente, con una maglietta, un capellino o una sciarpa. Sogno società di calcio che considerino loro risorsa solo i veri tifosi, persone educate e civili che non hanno nessuna pretesa di essere protagonisti ma solo di assistere a uno spettacolo. Sogno tifosi che vanno a una partita come si va a un concerto, che tifino, che si esaltino, che piangano ma soprattutto che rispettino gli altri, gli avversari, i valori dello sport e sappiano accettare serenamente una sconfitta.
Quando nelle giovanili giocavo a pallone e i miei allenatori mi dicevano la famosa frase: "l'importante non è vincere, ma partecipare" non gli credevo e scendevo in campo determinato con un solo obiettivo: vincere; e mi arrabbiavo moltissimo se non ci riuscivo. Poi ho capito il senso di quelle parole. Partecipare non significa solo fare presenza ma dare il meglio di sé stessi in un confronto con l'altro, cercare di andare oltre i propri limiti e di migliorarsi continuamente e rispettare anche il tuo avversario perché è grazie a lui che puoi "partecipare". Credo che nel calcio di oggi, ma non solo nel calcio, manchi questa cultura sportiva.
Se oggi fossi l'allenatore di una squadra di bambini che danno il meglio di loro stessi ma non riescono a vincere anche io direi loro: "l' importante non è vincere, ma partecipare".

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Resto un tifoso, è bello andare allo stadio ma è già da un po' che me ne sto disaffezionando per seguire altri sport. Ho scoperto il rugby, ho scoperto di più il basket, un po' il tennis.
Quanto alla riflessione sugli stadi inglesi, non c'è bisogno di andare in Gran Bretagna: basta rendersi conto la differenza stessa in Italia tra una partita del Sei Nazioni di rugby e una partita pure dell'ultima serie di calcio. Basta pensare che delle volte gli stessi genitori alle partite dei figli vanno oltre il semplice e classico "cornuto" all'arbitro...
E poi la domenica, con tutte le discussioni televisive da bar dello sport...
No, non fa più per me, non festeggio neanche gli scudetti dell'Inter.

Unknown ha detto...

Putroppo si stanno lascindo gli stadi a questi personaggi e la colpa è anche della società che vedono in loro un risorsa. i limentano, li sostengono e li difendono con i soldi della Tv. Ma lo spirito vero si può vivere solo allo stadio, si avvia una fase discendete. Speriamo che il rugby non attraversi in futuro gli stessi problemi.